Deforestazione!


Quella che sta avvenendo sul Lungomare è una deforestazione. Prendete la parola alla lettera, perché prima c’era, e ancora c’è, una foresta, una selva; e non certo un verde ben tenuto. L’operazione in atto è dunque utile e necessaria. E siccome il 75% dei cittadini di Soverato è composto o di arrivati negli anni 1980, o di giovani nati di recente, si rende indispensabile una spiegazione:

1. Guardate qualche foto di Soverato Marina della prima metà del Novecento, e capirete da soli che non c’era nemmeno un filo di ortica, solo spiaggia di mare fino all’attuale via S. Giovanni Bosco e oltre; perciò, niente erba, e tanto meno alberi.
2. Soverato Marina è sì ricchissima di verde pubblico e privato, ma nemmeno la gramigna è “naturale”, bensì tutto è antropico, cioè piantato da mano umana man mano che la spiaggia si andava ritirando.
3. Gli alberi della Pineta sono stati messi a dimora da me in quanto scolaro della IV elementare, nel corso di una cerimonia che vide schierati tutti i fanciulli dell’epoca: posso chiamarne a testimoni un bel po’ ancora vivi, e, purtroppo, altri che sono nel Mondo della Verità. Guidavano la festa: Antonino Calabretta, sindaco; Carlo Curatola, presidente dell’Azienda Turismo; e il severissimo direttore didattico Pascuzzi. Essi tre spiegarono trattarsi di un “vivaio”, e che presto gran parte degli arbusti sarebbe stata trapiantata altrove. Questo, infatti, è un vivaio.
4. Tutto ciò non è mai avvenuto, e gli alberi spuntarono senza essere mai trapiantati o diradati o altro richiesto dall’arte boschiva. Abbandonata a se stessa, ecco la foresta; ed ecco gli alberi storti, a esse, in vana cerca di luce, malati, tisici, e la cui eliminazione è un fatto positivo.

Ciò premesso, capirete che era ora di deforestare, abbattendo gli alberi cachettici, potando gli altri; e il tutto secondo scienza, e non secondo umori. Del resto, e lo dico ai discepoli di Rousseau (che in vita sua mai coltivò manco il basilico nel vaso), la natura reale, non quella inventata dai poeti, funziona così; e gli alberi malati, muoiono. Evitiamo estensioni del concetto, almeno in questa sede.
Se, infatti, il verde soveratese è, come è, antropico, deve ricevere cura dagli stessi uomini che lo hanno piantato, e che per tanti decenni se ne dimenticarono. Cura, e perciò selezione. Non ci servono più alberi, ma alberi migliori, sani, utili; e nel numero sopportabile e utile. Più o meno come la penso io sui turisti!

Ulderico Nisticò


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