Il professore Francesco Ierise, insegnante in pensione ed ex sindaco del Comune di Cirò Marina, nonché ex consigliere provinciale, in questo libro ha voluto ricordare uno degli uomini più rappresentativi del paese, un intellettuale scomodo e schiv : Giuseppe Gangale.
Il libro, frutto di un’approfondita, scrupolosa ed attenta ricerca nell’Archivio di Stato, in quello del Comune di Cirò Marina, in vari documenti, pubblicazioni e riviste letterarie, e in testi di vari autori, come si evince dalla ricca bibliografia, descrive la vita di un personaggio insigne della letteratura italiana le cui opere hanno dato un contributo importante alla conoscenza del pensiero filosofico del novecento e soprattutto della lingua arbëreshe.
La lettura è piacevole ed interessante, il periodare scorrevole e sciolto , lo stile, raffinato e forbito, è impreziosito da un’aggettivazione appropriata ed accurata. L’autore ha raccontato la vita del filosofo calabrese ripercorrendo le tappe più significative dei suoi studi e della sua vita, suddividendole in tre periodi : anni della formazione , della conversione religiosa, dell’esilio e del ritorno nel paese natio, con spunti e riflessioni critiche sulle scelte personali, politiche e filosofiche dello scrittore.
E’ la madre , Maria Teresa Polizzi catanzarese ma di origine albanese, maestra elementare, ad insegnargli a leggere e scrivere e ad invogliarlo ed indirizzarlo alla lettura di libri appartenenti alla fornita biblioteca di nonno “ Peppu” ,che, a sua volta, porta il nipote ad esplorare il territorio cirotano alla ricerca di “resti, indizi, reperti legati al passato e alla sua storia”.
Il professore Ierise trova il modo e la giusta collocazione, descrivendo l’infanzia di Gangale, per inserire notizie su Filottete fondatore di Krìmisa ( Cirò Marina) e contemporaneamente sulle origini e la nascita del borgo “Baracca”, così denominato per la presenza di poche persone, in maggioranza pescatori, che abitavano in baracche costruite da loro stessi in prossimità del lungomare . Nei primi del novecento il borgo diventa più popoloso e assume il nome di Marina.
Finito il ciclo di studi primari, completa la sua formazione scolastica al liceo classico nel collegio Italo-Albanese di S. Demetrio Corone. Conseguita la laurea in Filosofia a Firenze, comincia prestissimo a collaborare con riviste letterarie e successivamente fonda alcuni periodici di grande successo sui quali scrivono personaggi importanti della cultura italiana.
La frequentazione di questi personaggi illustri come Gobetti ,suo amico personale, e Lelio Basso è di stimolo per approfondire gli studi sulle religioni. E’ durante la sua permanenza a Roma che aderisce al Protestantesimo. Durante i primi anni dell’avvento del fascismo spera che Mussolini promuova una rivoluzione culturale “calvinista” che eguagli quella cristiana , ma ben presto Gangale si rende conto che la sua è una mera illusione in quanto il Duce vuole instaurare un dialogo con i vertici ecclesiastici e con il Papa; si allontana quindi dal fascismo fino al punto di diventare un antifascista, perseguitato e costretto ad emigrare nei paesi europei ( Germania , Danimarca, Svizzera ).
Sono anni duri ma che gli consentono di interessarsi di glottologia studiando a fondo le lingue delle minoranze linguistiche ed in modo particolare quella albanese. Lo studio di questa lingua lo riporta ,dopo mille peripezie, in Calabria.
Comincia così a visitare tutti i paesi di origine albanese per studiarne usi e costumi. Attratto dalle loro tradizioni e dalla loro storia rivede le posizioni critiche espresse in età giovanile e fonda a Crotone il centro albanese di glottologia.
La lettura del libro induce ad alcune riflessioni che riportano alla sempre attuale questione meridionale ed a quella Calabrese in particolare , alle ragioni ed alle cause della sua arretratezza economica, allo spopolamento sempre più preoccupante d’interi paesi.
Non c’è alcun dubbio che fra le cause della persistente, anomala ed insopportabile condizione dei calabresi c’è una ben precisa volontà politica, ma faremmo torto a noi stessi, se non dicessimo che una parte della colpa è anche nostra, del nostro modo di fare ed agire, di una certa riluttanza ad aprirci al nuovo.
L’antica ed orgogliosa appartenenza alla Magna Grecia ci riempie di nostalgia e di supponenza e spesso ci obnubila la mente rendendoci avulsi dal contesto storico in cui viviamo.
Gangale è stato un uomo inquieto, un errante in cerca di conoscenza, ma alla fine ha preferito il ritorno nella propria terra di origine. Un gesto ed un esempio carico di significati come a voler dire che il riscatto di noi calabresi è nelle nostre mani, nella nostra cultura e nei nostri comportamenti.
E’ stato un calabrese illustre i cui insegnamenti meriterebbero una maggiore attenzione ed un maggiore riconoscimento da parte degli intellettuali calabresi e di noi tutti. Credo che l’obiettivo principale del professore Ierise nello scrivere questo libro sia stato un invito a non dimenticare, o meglio a non guardare solo al lontano passato ma a quello più recente per trovare gli stimoli per uscire da questa nostra condizione di subalternità.
Nicola Iozzo