Appello ai candidati per una Calabria ordinaria


Le utopie sono una cosa bellissima, e ispirano alati versi e serrate prose. La Calabria ogni tanto ne elabora una: Pitagora, Gioacchino, Campanella… Senza Gioacchino non ci sarebbe stato Dante: e ho detto tutto!

E non è vero che le utopie non si possono realizzare. Ogni tanto succede, anzi è proprio degli utopisti sognare di vedere attuati i loro pensieri, e a volte ci riescono. Robespierre, per esempio, ci riuscì, e, per calare l’ideale nel reale, decapitò e cannoneggiò in pochi mesi più disgraziati che abbiano uccisi tutti i re medioevali messi assieme in tredici secoli. Ecco il guaio delle utopie è quando si attuano; e che mi dite della più nobile di tutte le utopie, il comunismo? Spero vi basti l’esempio.

Comunque, tranquilli, cari Calabresi. Non si vedono in giro né fra Tommasi né Pitagori né Platoni. La nostra è solo una campagna elettorale per la Regione; anche se, in qualche comizio, sentirete volare promesse di palingenesi universale e felicità garantita e obbligatoria, e Calabria capitale del mondo, e tutte quelle belle parole in cui la barocca Calabria eccelle, tipo “Mio nonno era barone” e “Tu non sai, XY, che grande uomo di cultura… ”

Io, del resto, mi accontenterei di una Calabria ordinaria, e che funzioni. E già, alla Calabria non mancano grandi idee rivoluzionarie e millenaristiche, di cui anzi siamo zeppi; mancano proprio la normalità, la quotidianità, l’ovvio.

Cominciamo con l’ordine pubblico. Mi diceva un amico: “Se io assistessi ad un omicidio, non testimonierei mai. E non per paura di morire ammazzato, in quanto una morte vale l’altra. Per paura di finire in un tritacarne impazzito, venendo convocato ogni sei mesi in tribunale per sentirmi dire che il processo è rinviato ad altri sei… circa, forse”. Ecco, ci serve una giustizia rapida: non occorrono Deioce e Dracone e Salomone… basta una giustizia che banalmente funzioni.

Con il materiale umano che circola da sempre e oggi, non spero in una Regione che mostri sfracelli e miracoli. Mi basterebbe una macchina burocratica che, semplicemente, faccia il suo lavoro, ogni impiegato il suo lavoro per cui lo pagano; e in tempi esattamente giusti e senza rimandare indietro i soldi che – solo i pinoaprilati lo negano – Stato ed Europa hanno mandato a vagonate, e invece sono rimasti inutilizzati da assessori asini e passacarte ignoranti e pigri. Pigri ignoranti asini: notate bene, nemmeno ladri. Rubare? Troppa fatica.

Spero in lavori pubblici che abbiano un inizio certo e una precisa conclusione; e in ispettori che, arrivati all’improvviso, controllino la qualità effettiva del cemento, così non succede come al bivio di Borgia o di fronte alla Cittadella, che i muri appena costruiti sono crollati. È andato qualcuno in galera? Vedi paragrafetto sulla giustizia.

La cultura… no, ragazzi, non succederà mai che la Calabria divenga Atene, Roma, Firenze. E sapete perché? Perché ad Atene, Aristofane rappresentava una commedia contro Cleone e una contro Socrate mentre Cleone e Socrate stavano in prima fila a beccarsi lo sberleffo… e Dante metteva all’Inferno re e papi con nome e cognome. In Calabria, il famoso antimafia (segue cena) riempirebbe i gironi di “mafia” e “politica” ma non di un singolo riconoscibile mafioso e politicante idem, con nome: pare brutto.

Dite voi: ma nemmeno tu, oggi, nomi stai scrivendo. Non posso, c’è la par condicio, una legge ridicola come quella delle candidature femminine, che già ha provocato gli effetti buffi ben noti. Absurda lex, sed lex; subito dopo le elezioni, farò il recupero. Lo giuro, ma so che ci credete.

Mi basterebbe una cultura genuina, in Calabria, in cui i libri vengano giudicati non se sono o meno antimafia o pro ong e scafisti, ma se sono scritti in onesta lingua italiana, e con i crismi della letteratura. Una Calabria in cui si conosca la storia calabrese, e non per dire “Magna Grecia” senza date e senza luoghi; o i Bizantini seicento anni di tutti monaci maschi (questa sì che è stata una secolare partenogenesi!); e la fucilazione di Murat, chi fu costui.

Insomma, una Calabria normale, efficiente, seria. I sogni… beh, io sono bravissimo, quando mi ci metto, a fare teatro e versi nelle mie due lingue del cuore. Ma i Latini, gente pragmatica, queste cose le chiamavano otium, cioè tempo libero dal negotium, l’attività. Ecco, è l’attività che ci serve, e non l’abbiamo.

Beh, ora cercate di convincermi a votare, e per chi. Risparmiatemi i paroloni, che mi fanno solo pateticamente sorridere.

Ulderico Nisticò