7 ottobre 1571: così fu salvata l’Europa


Don Giovanni d’Austria

Nel 1565 una possente flotta turca assalì Malta, eroicamente e vittoriosamente difesa dai Cavalieri dell’Ordine e dalla popolazione. Ma nel 1570 in mano ai Turchi cadde Cipro, antico regno crociato, e da un secolo possesso veneziano. La flotta turca minacciò l’Italia.

Filippo II, re di Spagna (diciamo per brevità) e di Sicilia e Napoli, e Venezia aprirono trattative, in verità travagliate, e che ebbero buon fine per l’onesta autorevolezza di Marcello Ghisleri, papa Pio V, poi venerato come santo, che placò i diversi interessi e convinse tutti a formare una flotta per attaccare il nemico, e stroncarne le ambizioni.
Venezia schierò 120 navi, tra cui sei potentissime galeazze; la Spagna, 80, in parte di Napoli; intervennero Genova, Toscana, Cavalieri di Malta, Cavalieri di Santo Stefano, navi della Chiesa e altri. Era un numero imponente, ma, come tutte le coalizioni, anche quella era fragile, e occorreva, con l’alta parola del papa, un comandante ferreo e rispettato da tutti, e Pio lo trovò in don Giovanni d’Austria, figlio naturale di Carlo V, e già sperimentato in guerra; e che impose una dura disciplina.

La flotta venne posta sotto la protezione della Madonna con il titolo di “Auxilium Christianorum”, o Ausiliatrice. Si radunò a Messina, dove fra Lattanzio Arturo da Cropani, con una veemente predica, stroncò ogni idea surrettizia di Filippo di portare le navi a combattere i pirati algerini a vantaggio della Spagna. Questa omelia, e l’altra tenuta dopo la vittoria, le abbiamo pubblicate in “Cropani a Lepanto” del 2006.

Il 7 ottobre 1571, don Giovanni attaccò la flotta dell’ammiraglio Alì a Naupatto o Lepanto, dove la sorte delle armi dimostrò la netta superiorità tecnologica della marineria italiana e spagnola su quella ottomana, che venne sgominata. L’effetto fu definitivo: da allora, i Turchi poterono anche tentare saccheggi e incursioni (1594, anche a Soverato e Badolato; nel 1644 e 5, a Stalettì… ), ma deposero ogni sogno di conquista per mare dell’Occidente. Per terra, verranno sconfitti nel 1683 a Vienna dall’imperatore Leopoldo, con il soccorso determinante di Giovanni Sobieski re di Polonia.
Dopo Lepanto, Pio V intitolò a Madonna della Vittoria; poi, per umiltà, e, domenicano com’era (vestiva il saio anche da papa, e da allora i pontefici portano l’abito bianco), preferì Madonna del Rosario.

La Calabria fu presente a Lepanto in modo determinante, fornendo marinai per le navi, e inviando navi proprie. Gustavo Valente ricorda Francoperta, Geria, Ferrante, de Cicco, Bosurgi, Galimi da Reggio; Carnevale da Stilo; Cavallo, Ventura da Amantea; Commercio da Francica; Coco, Comperatore, Falletti da Terranova; Manuardi da Rogliano; Parisio da Cosenza; Grandopoli da Corigliano; Merenda da Paterno; Marullo conte di Condojanni; il Corsale di Castelvetere, terrore dei Turchi; tre navi di Tropea; due di Reggio; due dei Passacalò di Seminara; una dei Marini con Milio da Melicuccà; Cecco Pisano; Cavallo di Amantea. Fazzari, Sudano, Barone, Carrozza, Portogallo, Frezza, Galluppi, di Francia, Brisbal conte di Briatico cadranno in battaglia. Da Badolato condusse uomini armati il barone Gaspare Toraldo.

Tra i combattenti spagnoli, merita memoria il Cervantes, l’autore di Don Chisciotte.
Onore dunque ai vincitori di Lepanto, per il cui merito non siamo stati distrutti come popolo, e siamo rimasti cattolici.
Tra i combattenti turchi c’era Ulugh Alì, che però era nato Dionigi di Bini, di Castelle, ed era diventato bey di Tunisi e Algeri. Ma ne parleremo un’altra volta.

Ulderico Nisticò


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