Antropologia della parentela in Calabria


Quella di Conte sui “congiunti” è l’interpretazione autentica, cioè data da quello stesso che ha emanato la norma. Dopo aver detto, grossolanamente, congiunti, si è arrampicato sui muri lisci per metterci addirittura i “figli dei cugini”, spacciati per sesto grado, quando invece, per la legge, non sono niente: pensate che i fratelli sono parenti in secondo! E non vi dico quanto sarà impossibile, in un tribunale, dimostrare o negare che un “affetto” è “stabile”. Insomma, come dicono a Santa Severina, è una c. a lu scuru.

In Calabria, poi, la parentela è un concetto molto speciale, che merita un’analisi antropologica. Quando le famiglie erano numerose, con vari matrimoni, i parenti si moltiplicavano; e mentre il primo figlio aveva già nipoti, l’ultimo si sposava all’interno della famiglia della moglie di un nipote. Eccetera.

Si sposavano, spesso per non dividere casa e terre, tra cugini; ottenendo la dispensa ecclesiastica dai divieti canonici.
Insomma, in paese erano tutti parenti di sangue.
E fin qui, parliamo di legittimi. C’erano poi tanti “della mano sinistra”, illegittimi e più o meno noti tollerati; spesso legittimati in articulo mortis, donde la proliferazione degli stessi cognomi.

Per districarsi in questa selva selvaggia di parenti, si faceva ricorso a delle distinzioni inesorabili:
– Legittimi o illegittimi;
– Discendenti di legittimi o di illegittimi;
– Illegittimi o loro discendenti, ma considerati parenti, o meno;
– Benestanti e non, donde la frase “dal piatto mi puoi allontanare, non dalla parentela”; l’esere benestanti garantiva, in qualche modo, da eccessive richieste di aiuto;
– E, la più importante, graditi e non graditi, per qualsiasi motivo di simpatia, o interesse, eccetera; un criterio in cui la parentela biologica non riveste importanza: due anni fa, trovandomi a tenere una conferenza in un posto che non dico, a 130 km. da Soverato, mi venne a salutare affettuosamente una persona di lì che era molto felice di incontrare me, suo “cugino”, ed è il discendente di una sorella del mio bisnonno paterno… e mi vengono molti altri esempi…

La parentela può essere anche un punto di forza, se magari si trova uno che ti dia una mano in un certo problemino… lecito, dico; per l’illecito, lascio alla fantasia del lettore.

Perciò, la genealogia dei parenti e relativi cognomi o “paranomi” o “ngiurie” era parte integrante del bagaglio di conoscenze del calabrese.
Di grande rilievo era la parentela spirituale, o “sangianni”: battesimo o cresima. Due amici cresciuti assieme, se diventavano compari, si davano del voi; e il padrino si assumeva obblighi morali nei confronti del compare, che duravano a vita; le comari s’incaricavano dei matrimoni delle figliocce, che a loro volta si confidavano con la comare e non certo con la mamma e la nonna! Anche in questo caso, ci sono risvolti che non vi dico perché oggi è domenica.

Ma sono cose d’altri dì. Oggi le parentele sono semplicemente ignorate, e spesso i giovani nemmeno sanno come si chiamavano di cognome le nonne paterna e materna; figuratevi, con buona pace di Conte, i “congiunti in sesto grado”.

Ulderico Nisticò