Autonomia differenziata e macroregione Ausonia


 Vi ho scritto e ripetuto che io sono d’accordissimo sull’autonomia differenziata. Chi non è d’accordo, pazienza.

 Adesso mi pongo un problema: autonomia, di quali Regioni? Se diamo un’occhiata alla realtà dei numeri prima ancora di quella dell’economia, dubitiamo moltissimo che si possa seriamente parlare di autonomia in una situazione in cui convivono la Lombardia e la Calabria, il Piemonte e il Molise. Prima ancora di un ben noto ed enorme divario economico, ci sono differenze di estensione e di popolazione. La Calabria enumera, all’anagrafe, un due milioni di abitanti, e di fatto sensibilmente di meno; la Lombardia, dieci milioni quasi undici, e se contiamo i calabresi e meridionali in genere che hanno la residenza a casa loro ma lavorano a Milano, il numero di abitanti effettivi è molto più alto. Come si fa a mettere sullo stesso piano realtà così diverse? Semplice: con la macroregione meridionale.

 Le regioni italiane hanno un’origine storica, è vero; ma non è necessariamente quella che appare nell’attuale assetto. Storicamente, metà dell’attuale Piemonte apparteneva al Ducato di Milano; e a loro volta erano della Repubblica di Venezia i territori di Bergamo e Brescia. I confini della Toscana si estesero, per vicende varie, a Lucca e Massa; mentre la Romagna Toscana passò a Forlì. L’Umbria del 1860-70 comprendeva Rieti, poi passata al Lazio. Da notare che fino al 1970 l’Italia regia e repubblicana era divisa in Province e non in Regioni, tranne quelle a Statuto speciale: Friuli, Sardegna e Sicilia, Trentino Alto Adige, Val d’Aosta. Accade anche, e chissà perché, che il Molise si separasse dall’Abruzzo.

 Il Regno di Napoli era diviso in Province e non in Regioni. Le Province, che risalgono a Filippo II, erano: Calabria Ultra, Calabria Citra, Basilicata, Principato Ultra, Principato Citra, Terra di lavoro, Molise, Abruzzo Ultra e Abruzzo Citra, Capitanata, Terra di Bari, Terra d’Otranto. Nel 1816 la Calabria fu divisa nelle tre province di prima del 1994. Da notare che la Terra di lavoro comprendeva Gaeta e Sora oggi laziali.

 La macroregione che io chiamo Ausonia… sì, ma non facciamo come gli incantati giacobini della sedicente Repubblica Partenopea del 1798-9, che, contando agli occhi dei conquistatori francesi quanto il due di coppe quando la briscola è spade, trascorrevano la loro grama esistenza a litigare che la Calabria si doveva chiamare Bruzio, e Lucania la Basilicata. I nomi, se hanno successo, diventano come se fossero antichissimi: vedi Locri, che tutti pensano si chiami così dai tempi dei tempi, e invece è del 1934.

 Io propongo di mettere assieme, in una sola Regione Ausonia, il Molise, la Puglia, la Campania, la Basilicata e la Calabria. L’Abruzzo è ormai Centro; la Sicilia, Dio liberi: l’annessione a Napoli del 1816 fu una delle più rovinose cause di crollo politico delle Due Sicilie. La Sicilia lasciamola dov’è, collegata con il ponte.

 L’Ausonia conterebbe dodici milioni di abitanti, e basterebbe questo imponente numero a convincere a farla. Avrebbe due metropoli: Napoli e Bari; e alcuni centri rilevanti: Salerno, Taranto, Lecce, Reggio C. si gioverebbe di risorse agricole e boschive. Un turismo finalmente gestito in modo serio, e non solo per un poco di caos estivo, darebbe lavoro e porterebbe denaro. La posizione nel bel mezzo del Mediterraneo consentirebbe rapporti commerciali con Africa e Asia e Balcani. Assistenza, solo a malati gravi. Assistenzialismo, mai in nessun caso.

 Per fare questo e altro, occorre una classe politica che non sia composta di gente candidata ed eletta a caso. Ed ecco a cosa serve l’autonomia differenziata: se io so che il politico deve amministrare i miei soldi, gli sto ai crini come il diavolo di Inf. XXVII, e sto molto attento a chi do il voto, e a cosa fa una volta eletto.

 L’Ausonia non deve avere assetti come le attuali Regioni, che sono la brutta copia di quello, non encomiabile, dello Stato. Io farei: un presidente eletto direttamente, e che si nomini degli assessori; un consiglio politico di pochi e che si riunisca tre, quattro volte l’anno; un consiglio corporativo e dei corpi intermedi, con due riunioni l’anno. Tanto, oggi si fa meglio in internet da casa.

 Tantissimi politicanti se ne andrebbero a casa, disoccupati. Bene: la politica non è un centro per l’impiego.

 Il centro direzionale lo metterei a Melfi per ragioni storiche dell’unità politica del Meridione, che fu opera dei Normanni: fosse stato per noi, eravamo ancora in guerra tra Longobardi, Romei, Saraceni e città campane, tutti pronti a iniziare un conflitto e nessuno capace di vincerlo. Meno male che arrivarono i castigamatti, infine accettati, dopo qualche protesta, da tutti. E, tra luci e ombre, durò secoli. Ecco la soluzione: l’autonomia differenziata della macroregione Ausonia.

 Questo, per il Meridione. Se anche gli altri vogliono organizzarsi diversamente, ci pensino.

Ulderico Nisticò