Barite, grafite, manganese… e quarzo


Cava di Davoli; il Quarzo

Cava di quarzo a Davoli

 L’asino è ciuco perché si crede intelligente e istruito. Il proverbio calabrese si applica benissimo ai dotti del liberismo economico e finanziario, e in particolare a quelli dell’Europa (?)Unita, i quali ragionano nella maniera più bruta: spendo di meno, quindi guadagno. La somara Europa chiuse, trent’anni fa, le sue miniere di TERRE RARE, convinta di fare un affarone comprandole dalla Cina… la quale, in buona parte, le arraffa in Africa con ignobile sfruttamento di braccia e vite. Adesso ci si accorge di essere finiti in mano forestiera, che non solo può aumentare a piacimento i prezzi di tali materiali, ma potrebbe anche decidere di non venderceli più.

 Ottima idea, dunque, da parte del governo, di tornare a estrarre quello che abbiamo in Italia. È stata attuata una mappatura, che ha dato discreti risultati. Nel nostro piccolo, anche la Calabria ha qualcosa: barite, grafite, manganese…

 Non è competenza mia spiegarvi che sono: intervengano geologi e altri specialisti. Io so che le terre rare sono indispensabili alla tecnologia avanzata, e quindi generano molto valore aggiunto, il che giustifica ogni impegno e le spese di produzione.

 Questa premessa conduce senza esitazioni a parlare di quel materiale che qui abbiamo sempre chiamato quarzo; quindi del Quarzo, la fabbrica dismessa che i meno anziani chiamano Ex Comac, e i ragazzi manco sanno cosa sia. Era, dal 1937 agli anni 1950, uno stabilimento di lavorazione del materiale che, estratto a Davoli, veniva avviato con una teleferica alla stazione della Calabro-Lucana di Satriano, poi per treno a Soverato. Sed haec olim fuere, cioè non ne rimane più niente. Perché la fabbrica abbia chiuso i battenti, si sono affacciate molte spiegazioni, che qui non affrontiamo.

 Da allora, dopo lungo abbandono, l’edificio è stato un deposito; oggi viene adoperato, volenterosamente, come spazio pubblico. Ricorderete il mio lavoro Cronache del Quarzo, del 6 agosto 2019, dato dalla compagnia la Chiave proprio nell’edificio, replicato a teatro per il Liceo Scientifico.

 Si può fare qualcosa? La mia è una domanda, che però richiederebbe una risposta. Vorrei sapere se ci sono ancora le cave e in che situazione; se il materiale è interessante; se lo Stato o la Regione ritengono utile spendere per ottenere non guadagno finanziario ma vantaggio politico. Il primo vantaggio è il lavoro; l’altro è contribuire all’indipendenza nazionale.

 Ovvio che stiamo parlando del 2023, quindi alla luce di tecnologie avanzate, e con ogni garanzia di sicurezza per i lavoratori; e che se un opificio deve sorgere, non sarà certo nei centri abitati. Ne abbiamo di spazi deserti…

 Mettetevi dunque al lavoro, chi deve: Stato, Regione, Comuni…

 Che fare, del Quarzo inteso come edificio? L’ho scritto e detto decine di volte, e ripeto:

– Toglietevi dalla testa furbesche fantasie di alberghi a non so quante stelle; tanto, il progetto era per “strutture ricettive”, praticamente appartamenti. Non so se ci siamo capiti.

– Idem per ideone avulse dal contesto urbanistico e dalla storia cittadina.

– Serve un progetto regionale tipo PNRR per acquistare l’edificio, consolidarlo nel pieno rispetto della sua natura; rifare il tetto; rendere il tutto funzionale a destinazione pubblica. Si chiama ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE, e la fanno dovunque: non capisco perché a Soverato deve parere una cosa strana.

– Servono soldi? Ne vale la pena.

Ulderico Nisticò