Bisignano


Soverato ospita gli Sbandieratori del borgo cosentino di Bisignano. Siccome dubito molto che i nostri concittadini ne siano informati, e magari pure i cittadini di là, vi racconto qualcosa io del nobile centro silano. Quelli che commenteranno trattarsi di “sfoggio di cultura”, peggio per loro e schiattino pure.

Come tutti i moltissimi luoghi d’Italia terminanti in –ano, è facile trattarsi di un nome prediale. Per capirci, una proprietà di un romano chiamato Roscius si diceva [praedium] Ruscianum, donde Rossano, non solo in Calabria. Ci sarà stato un Besinius, o Vesinius o Visinius?

Possibile; però non dobbiamo del tutto trascurare l’ipotesi che il nome abbia anche a che vedere con Besidiae, città degli Enotri, e si Besidianum.

Bisignano diviene capitale di un grande feudo dei Sanseverino, con titolo di principe; e acquista fama molto più ampia dei confini calabresi. Il Tassoni di Modena (1565-1635), così canta nel suo poema eroicomico La secchia rapita, parodia dell’Iliade, quando nella contesa intervengono gli dei:

Pallade sdegnosetta e fiera in volto
venia su una chinea di Bisignano,
succinta a mezza gamba, in un raccolto
abito mezzo greco e mezzo ispano…

La dea Atena dunque cavalca un destriero della famosa “razza regia”, di quelli allevati sulla Sila per la cavalleria del Regno di Napoli, e per lusso ed equitazione. Ma la chinea era la cavalla che, bardata con grande sfoggio, veniva mandata ogni anno a Roma dal papa, in segno di vassallaggio del Regno, e carica di denaro come tangibile tributo. L’abolì nel 1777 Ferdinando IV/III di Borbone, con protesta della Chiesa ripetuta pervicacemente ogni anno, invano.

Il feudo di Bisignano era vastissimo. I Sanseverino conducevano una politica di prestigio, combattendo a proprie spese per il re; Bernardino respinse con due truppe un attacco turco. Intrecciavano rapporti di alto livello: Irene Castriota, della casata di Scanderbeg, considerata di dignità reale, sposò nel 1539 Pietrantonio Sanseverino, e favorì la venuta in Calabria degli Albanesi.

Tutto ciò aveva un costo, e alla nobiltà dei Sanseverino non corrispondeva adeguata disponibilità finanziaria. E siccome con la giustizia del Regno non si scherzava, soprattutto nel civile, sotto l’autorità dei viceré e con l’accortezza dell’avvocatura napoletana sua alleata, il grande feudo finì di fatto pignorato, riducendosi alla sola Bisignano.

Celebri gli artigiani di strumenti musicali De Bonis; e il frate minore Umile (Luca Antonio Pirozzo, 1582-1637), nel 2000 proclamato santo.
Benvenuti a Soverato, Sbandieratori.

Ulderico Nisticò