Calabria: 240.000 sussidiati


Il palazzo della civiltà del lavoro a Roma

 Risulta, numeri alla mano, che in Calabria si contano 240.000 persone con il reddito di cittadinanza; cioè, a occhio, il 12% della popolazione nominale, ma almeno il 20% di quella effettiva, che, senza andare per il sottile, è di un milione e mezzo di anime.

 Se poi togliamo pensionati e bambini, e la popolazione attiva è dunque di circa un milione, siamo a un quarto con il reddito.

 Dei 240.000, è possibile che alcuni, forse molti, siano in posizione discutibile, e sarebbe urgente procedere a un serio controllo su scala regionale, sia sui percettori sia sul sistema in generale, quindi su chi lo gestisce. Vero, ma se consideriamo genuine tante, diciamo la maggior parte di quelle posizioni, ne risulta un quadro tristissimo della situazione economica della Calabria.

 I sussidi, che in qualche situazione storica si possono rendere anche utili e necessari, non devono mai diventare una normalità. Normalità è che la gente lavori e guadagni, e i sussidi siano un’eccezione. Normalità è che una sana produzione richieda braccia e menti da lavoro.

 Oggi, 2022, cosa produce la Calabria? Il turismo, come ha dimostrato il ponte 8/11 dicembre, esiste solo in estate, e nemmeno in tutta l’estate; turismo culturale e religioso e di salute e termale, sono marginali. C’è dell’agricoltura ma troppa terra abbandonata, che andrebbe semplicemente confiscata (tranquilli, non sono diventato comunista: applico il Codice Civile del 1942 XX) e messa a disposizione di chi lavori. Industrie e artigianato, sono in gran parte scomparsi.

 Che fa la gente? O reddito, o emigra. Se emigra, lavora altrove, e altrove vive e spende; e la Calabria perde forze e soldi, e decade in misura esponenziale.

 È questo il problema: la Calabria deve tornare a produrre cose concrete, che quindi richiedono lavoro.

 Per cominciare, l’espediente più antico del mondo: le opere pubbliche. Sotto con la 106, la mia Trasversale, il Ponte sullo Stretto, e i piccoli lavori che non si vedono e sono importantissimi, come le fogne e la pulizia dei corsi.

 Quando parlo di opere pubbliche, non mi contento degli “stanziamenti” a parole: vorrei vedere da subito ingegneri e operai alla fatica. Chi lavora, compra; e perciò crea altra economia.

Ulderico Nisticò