Carceri italiane e silenzio stampa.


 Rivolta nel carcere di Benevento, anche se, per ragioni a me misteriose, la notizia si trova solo su Televideo, e non la diffonde alcun tg pubblico o privato fino a un fugacissimo cenno delle 07.20, RAI 3 . Ed è uno, uno dei moltissimi episodi che dimostrano la gravità del problema giudiziario e carcerario in Italia.

 Credo tutti sappiano che la capienza degli istituti di detenzione è ben inferiore al numero dei detenuti; senza dire della discutibilissima qualità delle strutture; e della scarsezza di personale. Ma com’è possibile che da una parte il sistema giudiziario venga accusato (sovente a ragione) di lassismo e buonismo, e dall’altra le carceri siano zeppe di detenuti? Davvero una faccenda curiosa, che tanti delinquenti siano a spasso e tantissimi, presunti o condannati, stiano in galera. Un’altra incongruenza del sistema giudiziario?

 E i detenuti, a che titolo stanno in cella? Quanti di loro sono condannati con sentenza definitiva, e scontano una pena; e quanti sono in detenzione preventiva e attesa di varie fasi del giudizio? Fasi e giudizio che appaiono sempre lenti: forse per buone ragioni, ma a tutti appaiono lenti. La prima e urgente riforma della giustizia in Italia è l’accelerazione delle procedure.

 Anche certi arresti preventivi di massa all’alba suscitano qualche perplessità; e mi piacerebbe sapere quanti arrestati risultino poi colpevoli e quanti innocenti e quanti del tutto estranei.

 Discutiamo ora delle pene. Non so se mi sbaglio, ma mi pare che in Italia non si pratichino molto le pene alternative alla detenzione, usuali altrove: che poi, a farla breve, sarebbero i lavori forzati. E, per banali ragioni di antropologia e psicologia umana, un anno di lavori forzati, in senso letterale (pala e piccone, in latino ad metalla), è una pena di gran lunga più dura di cinque e più anni di noiosissima cella; e sicuramente mette più paura; e se volete fare gli illuministi, il lavoro corporale e sudante è la forma più sicura di rieducazione: mens sana in corpore sano. Non pigliatemi per forza alla lettera con la pala: ce ne sono di lavori… Ma certo non è rieducativo stare chiuso in una cella assieme ad altri disgraziati abbrutiti, e non far nulla tutto il giorno: eccetera e mi fermo; però qui cito un mostro sacro della cultura radicale e democratica dell’Ottocento, Victor Hugo, il quale nei Miserabili scrive pagine di fuoco contro il carcere e in pro dei lavori.

 Se si praticano le pene alternative, si possono alquanto svuotare le carceri. E credo che un braccialetto elettronico costi allo Stato molto meno che tenere persone in cella a pensione completa per anni.

 Ciò premesso, sarei lieto di sapere che sta succedendo stamani nelle carceri di Benevento, e nelle carceri in generale, e perché se ne parla pochissimo.

Ulderico Nisticò