Centocinquantamila leggi!!!


 Tante pare siano le leggi “vigenti” (???) in Italia, tra statali e regionali. Ogni due o tre anni la stampa se ne ricorda, e magari qualche istruito tira fuori Tacito: “Corruptissima re publica, plurimae leges”, cioè tanto più uno Stato è corrotto, tante più leggi si fanno. Sì, ma nessuno si ricorda della spiegazione di Tacito, il quale era, prima che storiografo e politico, era avvocato: “Non modo in commune, sed in singulos latae quaestiones”; si presentarono proposte non più di validità universale, bensì a favore di qualcuno, o di casi particolari; e che poi estendono la loro efficacia per analogia. Il Vico, che di Tacito era attento studioso, così insegna: “Il vulgo per ogni particulare vuole una legge”, perché non s’intendono più gli universali, cioè i principi generali del diritto.

 Sono sempre sbagliate le leggi speciali. Per esempio, la fattispecie “femminicidio”, quando basterebbe e avanzerebbe quella “omicidio”, da “homo”, cioè essere umano senza distinzioni. Corollario: se uno è accusato di femminicidio, è più facile se la scansi per motivazioni più o meno pseudosociologiche e psicologiche eccetera; mentre l’omicidio puro e semplice ha meno spazio per giochini avvocateschi. Aspettate il processo a Filippo, e vedrete cosa intendo dire! Secondo me, e con tutto quello che abbiamo sentito in tv, l’ergastolo non glielo danno sicuro; e dopo qualche annetto…

 Dovremmo qui aprire il discorso sofocleo delle leggi scritte e della legge non scritta. E io sono curioso di sapere se e quanti giudici e avvocati abbiano sostenuto l’esame di Filosofia del diritto, e sul serio, non come materiuzza complementare.

 E fu così che ci ritroviamo quel gran mucchio di leggi; e complicate e contorte, e tali da richiedere interpretazioni e ricorsi infiniti. E aggiungete convenzioni internazionali firmate da remoti e dimenticati governi, che erano convinti fossero sceneggiate per la foto ricordo; e che invece qualche magistrato fantasioso tira fuori per giustificare i suoi ideologici furori.

 Vigenti? E invece anche le centocinquantamila leggi sono vigenti in modo imprevedibile, e spesso dimenticate.

 Serve dunque un lavoro di revisione e di cancellazione del “troppo e vano” di Giustiniano (Dante, Par. VI). Chi lo deve fare? Non i politici, che causerebbero altri danni. Ci vorrebbero i giureconsulti con l’autorevolezza della scienza giuridica. Ce ne sono?

Ulderico Nisticò