Centoventi morti a Gaza… ora passiamo allo sport


Questo è il tono dei tg che vedo appena, all’alba, svegliato; e nemmeno tutti i giornali mettono il fatto in prima pagina. La notizia di centoventi (120!) morti a Gaza viene data con lo stesso tono delle stanche liti tra i partiti italiani, e con meno partecipazione dei sorridenti giornalisti di quanto ne susciti uno scontro tra auto il sabato sera.

 La sola emozione che traspare, ed evidentissima, è l’imbarazzo dei filoisraeliani fanatici, USA ed europei, tra cui – horresco referens – la Meloni. Si vede benissimo che devono inghiottire l’enorme rospo con tutto lo stagno putrido. I meno pavidi chiedono un’inchiesta, come se il problema fosse trovare un paio di colpevoli a titolo strettamente personale, e magari concludere che hanno sparato perché afflitti da un tic nervoso all’indice della mano destra. Oppure che i morti sono morti per la calca; come se i Palestinesi di Gaza fossero lì per una festa popolare, e non, come fu, per conquistare con rabbia un poco di cibo. Morti? Via, qualcuno dirà che sono… poco vivi.

 Comunque siano andate le cose – e sono cose che vanno così non dal 7 ottobre 2023 ma dal 1917 – a me non interessano minimamente le eventuali responsabilità individuali di Pinco o Pallino (agli amerikani e assimilati piacerebbe moltissimo un processo da film!): io cerco le responsabilità politiche dei centoventi morti, e poi di tutto il resto. E queste sono:

– sul terreno, e nel caso specifico, dello Stato d’Israele e di Hamas; e, ripeto, dal 1917, poi 1929, poi 1936, poi 1947, poi 1956, poi 1974… e da allora una continua polverizzazione del conflitto, con estensione a Siria e Libano eccetera;

– del sostegno cieco e ottuso dell’Occidente allo Stato d’Israele;

– di una propaganda a martello, su cinema, giornali e tv eccetera, persino sorretta da apparati legislativi;

– dell’ONU inutile, del resto sempre bloccata da un veto americano;

– dell’UE assente e passiva;

– dei Paesi arabi, i quali mostrano palese fastidio della questione palestinese che turba gli affari di petrolio e di calcio.

 E invece servirebbe una decisa operazione politica mondiale per imporre la pace; e non con parole, che non fanno né bene né male a nessuno, ma imporla con una netta presa di distanza da entrambe le parti in guerra, con queste due modalità:

– moratoria immediata di ogni simpatia di qualsiasi genere;

– cessazione di ogni aiuto ad entrambi in denaro e in armi: vediamo quanto dura.

 Tranquilli. Io sono sveglio dall’alba, ma fate finta che io queste cose le abbia scritte mentre ancora dormivo; tanto non succederà nulla di quanto sopra. Aspettiamo dunque la prossima strage… e passiamo allo sport.

Ulderico Nisticò