Il buzzurro che fa il ministro nel Lussemburgo, tra una “merde” e l’altra, ha tirato fuori il paragone tra l’immigrazione di oggi e quella degli Italiani in Europa; aggiungiamo noi, nelle Americhe e altrove.
Qualcuno, poco informato, ripete la stessa cosa. Tale paragone è del tutto campato in aria, per le seguenti ragioni:
– L’emigrazione italiana fu, detto in generale, legale, con passaporto e visto d’ingresso negli Stati esteri.
– Non mancarono casi di clandestinità tentata e anche riuscita, ma le leggi degli Stati esteri erano e sono molto severe, e venivano e vengono applicate sul serio. Provate ad entrare negli USA, e mica solo da quando c’è Trump: dal 1776!
– Nel 1925, del resto, gli USA stabilirono le quote d’ingresso, lasciando agli Italiani un misero numero di 5.000 l’anno. Nessun italiano arrivava negli USA su barche o su navi di ong, e tanto meno su navi militari statunitensi; e lo stesso per i minatori che andavano a lavorare in Belgio e altrove.
– Sono ben note le quarantene e i controlli di posizione penale e di sanità. Tutti sanno come siano controllati i lavoratori stranieri in Svizzera.
– Gli Stati esteri non “accolsero” gli Italiani per carità verso dei bisognosi, ma perché bisognosi essi stessi di braccia, poi anche di cervelli da lavoro. È un’immigrazione per interesse.
– La concessione della cittadinanza è molto difficile.
– L’Italia era “la grande proletaria”, secondo la bella e triste espressione del Pascoli, e la crescita della popolazione la induceva a favorire l’emigrazione e per ragioni economiche e per ragioni di ordine pubblico.
– I governi italiani prefascisti fecero pochissimo per organizzare e aiutare l’emigrazione, che venne assistita quasi solo dai missionari.
– Si tentò la via delle colonie africane, ma l’Italia, giunta tardi, non aveva possedimenti paragonabili all’Algeria francese.
– È infondata la leggenda che l’emigrazione sia stata meridionale: iniziò nei primi decenni del XIX secolo, da Veneto, Piemonte, Liguria, Toscana; basta leggere il Cuore o canzoni come La porti un bacione a Firenze. ll Meridione si aggiunse verso la fine di quel secolo e nei primi del XX, a causa dell’aumento della popolazione.
– In buona parte, l’emigrazione italiana era solo temporanea, con l’intento di tornare in patria dopo aver guadagnato del denaro estero: donde la categoria sociale dei “Mericani”.
– In qualche raro caso, si verificò una specie di emigrazione politica di intellettuali e politici antifascisti: ma a nessuno venne mai a mente, come al nostro simpaticone Grasso per l’art. 10 cost., che l’asilo politico si potesse moltiplicare per milioni di più o meno genuini dissidenti con il loro governo di turno!
– Nessun emigrato italiano all’estero ha mai trascorso intere giornate a bighellonare.
– Infine, nessun emigrato italiano è mai stato così ignobilmente sfruttato come succede a Gioia Tauro o in Puglia ai cd migranti.
– Ah, dimenticavo: in USA, Belgio etc. non c’erano le coop e organizzazioni di benefattori lestofanti… tipo Isola Capo Rizzuto: non so se è chiaro!!!
Insomma, non c’è alcun confronto con la situazione attuale. O, grazie al cielo, non più attuale.
Ulderico Nisticò
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