Corruptissima republica, plurimae leges


Quando Tacito scrive “Tanto più uno Stato è corrotto, più leggi si fanno”, e tutti lo ripetono, pochi prestano attenzione alla spiegazione del grande giurista prima ancora che grande storico: “non modo in commune, sed in singulos latae quaestiones”, cioè le leggi si fanno caso per caso, a favore di Tizio o Caio, e non hanno più valore universale. Ed è quello che succede in questa confusa Italia. Alcuni esempi:

– Un cardinale riallaccia, con le sue mani, un’utenza sospesa per morosità. Lo fa per i poveri, i bambini, i malati… e ignora (spero) che nello stabile si tengono eventi a pagamento con la luce non pagata. Ma sorvoliamo, e riflettiamo, se tutti i poveri di Roma – che sono tanti, più o meno genuini – si allacciano abusivamente, l’ACEA fallisce, e la capitale resta al buio, con interruzione di tutti i servizi di Roma e dalle Alpi alla Sicilia. Ecco un bell’esempio di come un caso “in singulos” possa creare un danno “in commune”. Sono le parole latine di Tacito, ma si capiscono facilmente.
– Il cardinale è tranquillamente coperto da immunità diplomatica, quindi a lui personalmente non fanno nulla. Roma brulica di ambasciatori e addetti, tutti coperti da immunità diplomatica. Provate a immaginare che tutti, per millantati motivi umanitari, vadano a prendere il pane senza pagarlo. E se lo fanno gli ambasciatori stranieri, figuratevi i “poveri” locali. Ebbene, fallirebbero le panetterie, anzi nemmeno i contadini seminerebbero e mieterebbero, dovendolo fare non solo gratis, ma a spese loro senza speranza di guadagno alcuno. Fine del pane.
– Una nave più o meno sedicente umanitaria imbarca più o meno sedicenti naufraghi in Libia, e decide, a capriccio, che la Libia non va bene, e passi perché c’è una locale guerra; non va bene nemmeno la Tunisia, dove l’ultima guerra seria si tenne nel 146 a.C. e dove ogni giorno sbarcano, comodi e paciosi, migliaia di turisti; ma per gli umanitari, la Tunisia non va bene: ci vuole per forza l’Italia, soprattutto sotto elezioni. L’Italia lo ha vietato, ma gli umanitari se ne fregano, e violano le acque territoriali. Interviene un pubblico ministero, e, senza nemmeno avvertire le altre autorità italiane, ordina lo sbarco, con la motivazione (o pretesto?) di sequestrare la nave. Ora vediamo quanto dura, il sequestro, o se era un giochino, s’intende, perfettamente legale!!!
– “Sono nemmeno cinquanta…”: sì, ma si parla di decine, di centinaia di migliaia sulle coste libiche, pronti a partire: se tutti possono sbarcare a piacimento in Italia, dove li mettiamo, cosa ne facciamo… Ecco un altro caso di “singuli” e di come fregarsi dell’interesse “commune” della comunità nazionale.

Torniamo al PM. In base a qualcuna delle innumerevoli italiche leggi, più le sentenze dell’immancabile TAR del Lazio, il PM ha la sua parte di ragione. Ma anche il Ministero degli Interni, sostenuto (almeno fino a ieri) dall’intero Governo e dalla maggioranza parlamentare, ha la sua parte di ragione. Come la mettiamo? Chi comanda, sul mare italiano, il PM o il Ministero?

Siamo in una selva oscura di leggi, leggine, interpretazioni, sentenze della non meno immancabile Corte Costituzionale, eccetera; e moltissime di queste sono in contraddizione con moltissime di altre pure in vigore; e se il PM è immigrazionista, se applica in un modo, e se è sovranista le intende in un altro. Peggio ancora, si scatenano le tifoserie, sui giornali e sui social e nelle piazze, pretendendo interpretazioni secondo gli umori e secondo le fantasie giuridiche di Mevio o Sempronio.
Così un cittadino si trova esposto alla lotteria di che giudice gli capiti, e di che partito. Non si può andare avanti così, e urge non solo la riforma della magistratura, ma la redazione totale ex novo della legislazione.

Dopo di che, dura lex sed lex: i magistrati NON fanno le leggi, le applicano. A casa loro, la possono pensare come vogliono; quando sono in ufficio, non devono pensare ma agire. Se non sono d’accordo con la legge, hanno gli strumenti per proporne modifica o cancellazione: ma intanto, la applicano.
Anche i cittadini, se vogliono cambiare una legge, basta raccolgano 500.000 firme e chiedano un referendum. Fatevi sotto.

Ulderico Nisticò


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