Crotone: le mille e una notte


Crotone

 La notte di Capodanno sarà tenuta a Crotone lo spettacolo RAI. È comunque una notizia lieta, dopo anni in cui la città ha fatto brutta mostra di sé come ultima d’Italia per qualità della vita. Tiro a indovinare, ma mi pare ovvio che ci sia stato un benefico intervento della politica; e proprio allo scopo di risollevare l’immagine di Crotone, e per essa, spero, della Calabria. Con buona pace dei piagnoni e di quelli che lamentano una del tutto immaginaria intenzione antimeridionale dell’attuale governo.

 Ora spero nell’organizzazione, e che sia pensata ed eseguita come si deve, e sotto ogni aspetto. È nei particolari che si annidano il diavolo e i difetti della Calabria. Incrocio le dita.

 Crotone godrà di visibilità nazionale e internazionale per una notte. Ora bisogna vedere cosa fare per le altre mille, e le alte mille ancora, perché l’occasione non sia effimera e solo cantanti; anzi lasci un segno durevole.

 Dobbiamo fare appello alla storia di Crotone. Fondata dall’ecista mitico Ercole e da un mortale, l’acheo Miscello, la Crotone greca attraversò un due secoli di prosperità con la medicina e gli atleti, inficiata da una costante della storia crotonese dal 710 aC al 1990 dC: attenti alle date. La costante è una continua lotta di classe (raramente, ma ogni tanto pure Marx ha ragione), che provocò anche guerre esterne: Sibari, Metaponto e Crotone distruggono Siri; Crotone tenta di fare lo stesso con Locri ma subisce una poderosa sconfitta alla Sagra; si crea una specie d’ideologia aristocratica con il pitagorismo, il cui funesto esito è che Crotone nel 510 distrugge Sibari. Ultimi bagliori del dio Ares, la sfortunata guerra contro Dionisio di Siracusa. Crotone diverrà poi bruzia, e colonia romana.

 Ora, non cadiamo nel vizietto magnogreco, come se la storia regionale finisse in quei remotissimi tempi. Crotone è una piccola solida città per tutti gli altri secoli, e non lo si deve dimenticare. La tradizione vuole che a introdurre il cristianesimo sia Dionigi Areopagita, il seguace greco di san Paolo; da questo – poco interessa qui discuterci sopra – una lunghissima serie di vescovi, oggi arcivescovi con Santa Severina. Tale è il rilievo che, nel XV secolo, e c’è chi pensa prima, i Ruffo vi ottengono il titolo, ancora rarissimo, di marchese: donde la denominazione storica, oggi quasi scordata, di Marchesato di Crotone per le valli del Tacina e del Neto.

 Altra eccezione nell’intera costa ionica, e lo rilevava già Polibio, Crotone ha un attracco frequentato da navi commerciali; in particolare, vi commerciano i Veneziani.

 Difendono la città dei bastioni e un possente castello. Nel 1799 Crotone – o almeno nobiltà e qualche intellettuale – si schiera con i giacobini e subisce il saccheggio sanfedista; ma nel 1808 si ribella ai Napoleonidi, e affronta eroicamente un lungo assedio francese. Bisognerebbe saperne di più, ma, intuitivamente, è un altro segno di conflittualità politica anche interna.

 Negli anni 1930, Crotone diviene città industriale. È un sistema integrato, che muove dai Laghi Silani e dalla grande centrale elettrica di Crotonei; e produce fertilizzanti per l’agricoltura, e in specie per la produzione del grano. Nel dopoguerra, la conflittualità assume le forme moderne dei partiti. Crotone è città rossa, con un forte e culturalmente attrezzato comunismo e sindacalismo; però non c’era Consiglio comunale senza quattro o cinque altrettanto solidi esponenti del Movimento Sociale. Notevole è che lo scontro avveniva, generalmente, nel rispetto reciproco.

 Poi tutto finì malamente, e le industrie chiusero una dopo l’altra; in cambio della buffa speranza della Provincia: un ente scombinato e piccolo e povero; e che non ebbe nemmeno l’autorevolezza per estendersi, come sarebbe stato logico, a San Giovanni in Fiore e Cariati.

 Quanto alle illusorie assunzioni, il tutto fu che alcuni impiegati crotonesi di Catanzaro tornarono a casa!

 Ovvio che, finita la vicenda industriale, è finita anche la politica.

 Eppure Crotone ha delle potenzialità: i commerci; il turismo non solo estivo ma direi moltissimo culturale, nella città e in luoghi d’eccellenza come Santa Severina e non solo.

 Ecco come una notte può diventare mille notti e giorni; se ci sappiamo fare, tutta la Calabria. Di urgente c’è portare avanti la strada Crotone – Simeri, senza dare retta ai capricci dei sindaci e delle loro zie con negozio. Migliorare, anzi rifare la pessima e pericolosa viabilità provinciale. Utilizzare aeroporto e porto. Resuscitare l’agricoltura, in forme moderne, valorizzando le eccellenze come il vino. E approfittando dell’occasione RAI per un turismo di lunga durata.

 Il tutto, cominciando con il migliorare l’immagine di Crotone e di tutta la Calabria. Intanto, buon Capodanno.

Ulderico Nisticò