Crotone, ultima d’Italia…


…e anche il resto della Calabria sta male: la meno peggio è Catanzaro, l’ottantasettesima! Precisazioni: la classifica è per province; e non riguarda – ah, la monomania calabrese! – solo i SOLDI, ma la qualità della vita. La vita è una cosa complessa. Esempio: se un abitante di Crotone città va a visitare – sarebbe almeno doveroso, e non so quanti lo fanno! – la preziosa Santa Severina scrigno di storia e arte, e a tale scopo compra una Ferrari, ebbene impiegherebbe lo stesso tempo e con le stesse difficoltà di una vecchia Panda 750, perché la strada è pessima. La Ferrari, allo stato dei fatti, non gli servirebbe a niente. E non vi dico altre strade anche peggio.

 Questo per le situazioni materiali. Ma la qualità della vita inizia quando uno di Crotone, magari affermato professionista, decide spontaneamente di visitare Castelle non solo perché “si mangia bene”, ma per motivi unicamente culturali, di pura curiosità e per apprendere, almeno alla grossa, chi è quel faccione in turbante effigiato da un busto. Io ovviamente lo so, però non ve lo dico nemmeno sotto tortura. Studiate, professoroni! E figuratevi se hanno mai visto l’Apollo Aleo, l’Ecce Homo, il Crocifisso, Umbriatico; e, per non allontanarsi, Castello e Museo della stessa Crotone.

 Con Crotone, ce l’ho? Ma secondo voi quanti di Catanzaro hanno visitato le chiese e i “vichi”? O di Cosenza la Cattedrale… eccetera. Parlo sempre di laureatoni, mica di evasori dell’obbligo scolastico elementare.

 Qualità della vita sono i servizi, e tutti sappiamo in quale abbandono versava la sanità prima di Occhiuto che qualcosa sta facendo. Il calabro ammalato va a curarsi a Milano: bene inteso, il Duomo, il Castello Sforzesco e il Cenacolo… mai visti e sentiti nominare. Se a Pisa, un’occhiata alla Torre, ma di sfuggita. A Firenze, gli Uffizi? Ma dai…

 Ecco cosa intendo per qualità della vita: convegni, riunioni, associazioni, conferenze, teatro, cinema, stimoli culturali vari, vivacità di relazioni, politica…

 Cultura, possibilmente non depressa e deprimente e piagnona e leggendo quattro fogli con lo stesso tono sia l’Iliade sia l’elenco telefonico.

 Ora vi narro la storia di Crotone… e non Miscello di Alemone, e nemmeno Nicolò Ruffo. Conosco dei bravi amici che a quest’ora se la stanno prendendo con gli avvenimenti del 1860; dei quali non sanno assolutamente nulla, e vivono felici in un mondo di sogni e di incubi. Invece vi parlo di Crotone industriale, quella degli anni 1930.

 Dai Laghi silani e dalla Centrale di Cotronei arrivava l’energia elettrica, che alimentava molte e molte aziende produttive. Crotone era una città operaia, e dalla vita politica molto attiva a sinistra e a destra.

 Negli anni 1990, anche con la scusa dell’ecologia che come scusa va sempre bene, chiusero le industrie… o, più esattamente, le seppellirono sotto terra a caso. In cambio, promisero la Provincia.

 Provincia, nella mentalità calabromedia, significava posti fissi, figli raccomandati da far assumere, bidelli a raffica, stipendi con scarsa o nulla prestazione d’opera.

 Risultato? Anche quest’anno, Crotone è la provincia più disgraziata d’Italia. Sveglia, incantati!

Ulderico Nisticò