Don Michele Fontana e il 1528


 Il mondo delle guerre e della politica è anche un mondo di storie d’amore. Il nostro 1528 iniziò quando Maria, duchessa di Borgogna, preferì a tutti gli altri più ricchi e potenti il nobile ma povero Massimiliano d’Asburgo: e ammettiamo che Maria se lo poteva permettere. Il figlio dei due, Filippo [I], sposerà Giovanna, figlia, e per morte del fratello, erede di Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, i Re Cattolici; e perciò anche, per noi, Giovanna III regina di Napoli. Era però inferma di mente, e per lei governò il primogenito Carlo, duca di Borgogna e dal 1519 l’imperatore Carlo V.

 Dal 1503, la “Sicilia Citra”, comunemente ormai Regno di Napoli, era unito alla Corona d’Aragona, e tale resterà fino al 1708, e, dopo un periodo degli Asburgo d’Austria, tornerà indipendente nel 1734 con Carlo di Borbone.

 Il Meridione, in mezzo a tutte queste vicende e altre, era saldamente monarchico, e nel 1946 votò compatto per la monarchia. Non era molto importante chi fosse, pro tempore, il re; e del resto, tra Carlo III attuale e i due Carli Stuart c’è una remotissima e tenue parentela; e con i Tudor e i Plantageneti nessuna.

 Catanzaro, mentre il Regno veniva assalito da truppe inviate dal re di Francia, decise di battersi per il Regno, e perciò anche per il re; e, date le circostanze e senza andare tanto per il sottile con la titolarità, per l’imperatore Carlo V, che era anche il reggente per la madre.

 Perché questa decisione? Catanzaro era la città della seta, con un forte ceto operaio, rappresentato in Consiglio comunale da 15 membri, accanto a 15 “onorati” e 15 nobili. Erano gli Statuti concessi da re Alfonso V/I, e che prendevano atto di una realtà sociale ed economica attiva e vivace. I tre ceti, d’accordo, obbligano il vicerè Mendoza, che intendeva riparare in Sicilia, a portare le sue truppe in città; mentre i Catanzaresi fornivano sia truppe cittadine sia denari. Gli invasori francesi saranno non solo respinti dalle mura, ma sconfitti in un’epica battaglia in campo aperto; anzi più d’una, perché si combattè alla Roccelletta, a Montesoro, a Sainaro…

 Ma “Sanguinis effusione” è un romanzo storico, e come tale va letto, pur nell’accuratezza della ricostruzione documentaria. Un romanzo storico è quello in cui fatti e persone realmente avvenuti ed esistite non solo s’intrecciano con persone e fatti immaginari, bensì, anzi soprattutto ne condizionano e causano le vicende. Quanto vi è di fantastico, bisogna leggere questo bel libro!

 Ed è questo il valore letterario del romanzo di Fontana: far capire, direi far vedere la storia, e questa storia del 1528, dal suo interno, dalla quotidianità delle persone, delle loro passioni, dei loro amori, della loro debolezze e viltà e del loro valore. Sono quelle caratteristiche che ciascuno di noi ha dentro di sé, e che emergono nei momenti eccezionali quali le guerre, le catastrofi naturali, le grandi epidemie.