Fare impresa in Calabria è possibile?


 La prematura scomparsa del professore Nicodemo Librandi,  imprenditore avveduto e lungimirante , lascia un grande vuoto nella sua  famiglia, in chi lo ha conosciuto  e nell’imprenditoria calabrese per la quale costituiva un esempio, un punto di riferimento ed un modello da imitare tanto da domandare e  chiedersi : è possibile fare impresa in Calabria? È la domanda, tra i tanti argomenti affrontati, che ho posto pochi mesi fa al professore   con il quale mi sono trovato  casualmente a passeggiare sul lungo mare di Cirò Marina.

La risposta è stata immediata e molto articolata: si, è difficile ma non impossibile. Ho conosciuto e conosco tanti imprenditori bravi e capaci.

Bisogna, innanzitutto, avere comportamenti lineari ed adamantini per superare non senza problemi le difficili condizioni ambientali e culturali. Sembrava,rispondendo, non aver mai smesso i panni dell’insegnante di matematica e che stesse risolvendo una complessa equazione  con numerose variabili. In qualsiasi attività ci vuole passione e conoscenza dei problemi ed una buona formazione culturale e scolastica.

Probabilmente senza questi prerequisiti non sarei mai diventato l’imprenditore che sono diventato.Nel campo della viticultura aveva acquisito infatti conoscenze tali che gli hanno consentito non solo di produrre vini di qualità  conosciuti in Italia e nel mondo , ma anche di avere riconoscimenti importanti, l’ultimo dei quali la laurea ad honoris causa presso l’università di Reggio Calabria.

Nel campo del marketing aveva sfruttato le tecniche moderne utilizzate dalle grandi imprese  e contemporaneamente curato in collaborazione con intellettuali, storici ed antropologi molte pubblicazioni sui vitigni autoctoni coltivati in Calabria ed a Cirò Marina  fin dai tempi dei greci e dei romani.

Nella risposta prevaleva l’ottimismo della volontà, l’amore sviscerato per la Calabria ed in particolare per il suo paese più che il pessimismo  della ragione. In realtà esiste un’ampia, approfondita e documentata ricerca e casistica con testimonianze d’imprenditori e  ricercatori che esamina i vantaggi e gli svantaggi  nel fare impresa in Calabria.

Tra questi ultimi sono   da annoverare quelli tristemente noti che collocano agli ultimi posti per servizi e qualità della vita la nostra Regione. Un’efficiente rete stradale, ferroviaria e navale è la condizione essenziale per ridurre i tempi di trasporto ed i costi di produzione. Le nostre strade hanno invece tracciati tortuosi e vetusti  con sottofondi sconnessi e pieni di buche che non consentono tempi di percorrenza adeguati alle distanze.

Raggiungere i paesi dell’entroterra è davvero difficile. La stessa cosa si può affermare  per la rete ferroviaria non ancora elettrificata sul versante ionico ed a velocità ridotta su quello tirrenico. L’alta velocità si è fermata ad Eboli per parafrasare un famoso libro di Carlo Levi.

La realizzazione della rete  d’interconnessione telematica veloce (fibra ottica,  banda larga, ecc.) indispensabile per lo sviluppo delle nuove tecnologie, per l’E-commerce e per l’interconnessione ai centri di ricerca ha accumulato ritardi significativi rispetto al nord. Se a questo elenco, non approfondito e non esaustivo, si aggiungono i ritardi di una burocrazia elefantiaca e l’inefficienza della politica si comprende benissimo lo scetticismo di alcuni imprenditori ad investire in Calabria.

I vantaggi sono essenzialmente dovuti alle peculiarità di un territorio unico nel suo genere soprattutto nel settore agroalimentare e turistico.  Lo sfruttamento e l’ingegnerizzazione di tali risorse naturali  potrebbero avere ricadute economiche tali da consentire una fiorente industria agroalimentare sul modello di quella realizzata da Nicodemo Librandi con ricadute  estremamente positive sia economiche che come qualità della vita. 

Non avremmo più lo spopolamento dei nostri paesi di cui tanto si parla  e soprattutto cesserebbe quel triste fenomeno dei viaggi della speranza. Sono problemi annosi che la politica e la classe dirigente locale e nazionale non hanno voluto o saputo risolvere nonostante il fallimento ormai conclamato  da insigni studiosi ed economisti di un modello di sviluppo che si regge sul sottosviluppo di ampie zone del territorio a favore del progresso di altre.

Il PNNR , occasione unica ed irripetibile, che avrebbe dovuto ripianare  con  investimenti cospicui al Sud il divario esistente ,come tra l’altro auspicato dalla Comunità  Economica Europea,   sta invece drenando, ancora una volta, nel silenzio di una miope classe politica regionale quasi tutte le risorse al Nord.

Al peggio non c’è mai fine e di questo passo finiremo nel baratro dell’inconsistenza e della decadenza sociale ed economica dell’Italia e non solo del Sud. Simul stabunt vel simul cadent.

Nicola Iozzo