Futurismo calabrese


Marinetti a Catanzaro

 Il futurismo è un grande movimento culturale, che ebbe veste di arte, letteratura, linguistica, costume, e importantissima valenza politica. Si oppose alla cultura accademica e neoclassica, e allo stesso decadentismo, combattendo ogni passatismo in nome dell’accettazione entusiastica del progresso tecnologico e della moderna società di massa: “un automobile [maschile, allora] lanciato in corsa è più bello della Vittoria di Samotracia”. Basti questo, perché dobbiamo parlare del futurismo in Calabria.

 E già, in Calabria, questa terra sempre così ostinatamente radicata in qualche passato vero o più spesso immaginario, ci fu un potente vento futurista.

 Nella Mostra di Matera sul futurismo meridionale, pare siano presenti alcuni lavori di Umberto Boccioni e poco altro. Ebbene, io ho il massimo rispetto per Boccioni, esponente di primissimo piano del futurismo, interventista e volontario di guerra; ma nacque a Reggio Calabria solo per caso, e da genitori romagnoli; e visse e operò sempre altrove.

  Meritano ricordo i nostri Armiro Bernardo, Fillia (Luigi Colombo), Enzo Benedetto, Antonio Marasco, Geppo Tedeschi, Lina Passalacqua. Sarei curioso di sapere se a Matera sono stati adeguatamente ospitati e valorizzati; e, come spesso mi accade a proposito di Calabria, ne dubito. Spero di essere smentito. Ricordiamo anche Alfonso Dolce di Cropani, letterato, celebre per il “teatro fulminante”, squisitamente futurista.

 Attribuisco la massima importanza a un fatto poco comune nella storia calabrese: il nostro futurismo non fu la solita antologia di geni isolati e incompresi e sempre da qualcuno perseguitati (o spacciati per tali!), ma un vero movimento organico e organizzato; e, come tutto il futurismo, fu sostenuto dal regime fascista. È quella seria organizzazione della cultura che in Calabria palesemente oggi manca. Se ne accorse, allora, il fondatore del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, che fu due volte a Catanzaro.

 Di grande rilievo l’opera di Alfonso Frangipane, catanzarese che lavorò a Reggio, ed è tra i principali ispiratori dell’Accademia delle belle arti e dello stesso Museo piacentiniano. La sua rivista Bruttium fu, negli anni 1930, fondamentale per la riscoperta, quando non scoperta ex novo, della storia dell’arte in Calabria. Tenne stretti rapporti con il mondo dell’arte in tutta Italia, inviando giovani artisti calabresi a farsi onore alle Biennali di Monza e di Venezia.

Ci fu dunque una Calabria non piagnona segue cena, non grigia e chiusa? Ci fu con il futurismo, e l’abbiamo dimenticata. Pochi gli studiosi del futurismo: Luigi Talarico, Francesco Grisi, Piefranco Bruni, Sergio Foresta… una mostra si è tenuta Rende, curata dagli studiosi Cappelli e Covelli.

 Anni fa, ormai molti, si tenne all’Accademia di Reggio un convegno sul Frangipane. Ero tra i relatori, a proposito proprio di Bruttium. Tutto si concluse, oltre che in grandi applausi, con il pubblico solenne impegno di continuare il lavoro…

 Vediamo se indovinate come andò a finire? Ahahahahahahahahah.

Ulderico Nisticò