Quindici dei ventidue punti monitorati lungo le coste calabresi presentano cariche batteriche elevate, in prossimità di foci di fiumare e torrenti dove, spesso, i bagnanti ignari, vi si immergono pure, vista l’assenza dei cartelli informativi relativi alla qualità delle acque e al divieto di balneazione.
In Calabria vi sono i cosiddetti “malati cronici” ovvero i casi dove la mancata depurazione resta un problema irrisolto da troppi anni. È il caso di Isola Capo Rizzuto, in località Le Castella, in piena Area Marina Protetta, alla foce del canale presso la spiaggia a destra del castello. Una situazione che Goletta Verde denuncia da anni, e dove ogni volta constata la presenza di numerosi bagnanti ignari. Inoltre, in provincia di Vibo Valentia su 6 punti campionati, ben 5 sono risultati fortemente inquinati, visto che tutte le fiumare sfociavano in mare al momento del prelievo. Ricevono un giudizio di fortemente inquinato per il nono anno consecutivo anche la foce del torrente Caserta, la foce del fiume Mesima e la foce del torrente Ruffa. In provincia di Crotone, drammatica la situazione nel punto di prelievo alla foce del fiume Esaro, giudicato fortemente inquinato.
È impietoso il bilancio del monitoraggio svolto lungo le coste calabresi dall’equipe tecnica di Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane (realizzata anche grazie al sostegno del CONOU, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, e dei partner Novamont e Ricrea), presentato questa mattina in conferenza stampa al Darsena Club di Piazza Porto delle Grazie a Roccella Jonica da Serena Carpentieri, Portavoce Goletta Verde, Luigi Sabatini, Direttore Legambiente Calabria, Caterina Cristofaro, Legambiente Calabria, e Martina Raschillà, Circolo Legambiente Roccella Jonica.
“Premesso che il nostro monitoraggio non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, ma punta a scovare le criticità ancora presenti nei sistemi depurativi per porre rimedio all’inquinamento dei nostri mari – dichiara Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde – spiace constatare come la mancata depurazione affligga ancora in maniera drammatica il nostro Paese. È ora di dire basta ad ogni forma di alibi, l’Italia intervenga immediatamente per contrastare questa emergenza affinché la gestione delle acque reflue e l’adeguamento del nostro sistema depurativo, insieme a progetti di qualità e innovativi, diventi una delle priorità dell’agenda politica. Non sono più ammessi ritardi e multe a carico della collettività, come quella che siamo stati condannati a pagare all’Ue da 25 milioni di euro, pari più 30 milioni ogni sei mesi finché il nostro Paese non si metterà in regola”.
“In Calabria è emergenza depurativa. Non possiamo più tollerare l’indifferenza delle istituzioni su un tema così importante e delicato come quello della pessima qualità delle nostre acque in prossimità delle foci, che spesso diventano fogne a cielo aperto a causa del mancato funzionamento degli impianti di depurazione – dichiara Luigi Sabatini, direttore di Legambiente Calabria – Nonostante le nostre continue vertenze, le amministrazioni calabresi hanno ignorato un problema che sta assumendo proporzioni sconcertanti e che mette a repentaglio una risorsa importante per il nostro territorio quale è il turismo e l’economia che esso genera. Ecco perché, a fronte di una situazione insostenibile e che già l’anno scorso ci ha visti impegnati in prima linea nel presentare esposti rispetto a gravi casi di mancata depurazione, siamo pronti a denunciare nuovamente i responsabili di un problema che non può essere risolto semplicemente con l’affissione di un cartello di balneazione, provvedimento sì necessario ma non sufficiente, nella speranza di avere una qualità delle acque migliore rispetto a quella che bagna la nostra terra da quasi dieci anni a questa parte”.
Il dettaglio delle analisi di Goletta Verde
Il monitoraggio di Goletta Verde (eseguito dalla squadra di tecnici di Legambiente tra il 10 e il 13 luglio 2018 prende in considerazione il campionamento dei punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento, individuati dalle segnalazioni non solo dei circoli di Legambiente ma degli stessi cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
Sei i punti monitorati in provincia di Reggio Calabria, di cui la metà giudicati fortemente inquinati: a Reggio Calabria, in località lido comunale, alla foce del torrente Caserta; a Gioia Tauro alla foce del fiume Petrace; e a San Ferdinando alla foce del fiume Mesima. Considerato inquinato, invece, il punto monitorato a Bagnara Calabra, alla foce del torrente, mentre entro i limiti i valori riscontrati a Villa San Giovanni, in località lungomare Cenide, sulla spiaggia presso l’omonimo lungomare, e a Bianca sulla spiaggia fronte fiumara Laverde. In provincia di Vibo Valentia, su 6 punti monitorati, 5 sono stati giudicati fortemente inquinati ovvero a Joppolo, frazione Coccorino porticello, alla foce del torrente Mandricelle; a Ricadi, in località Turiano, alla foce del torrente Ruffa; a Briatico, in località Piana di Vada, alla foce del torrente Murria; a Vibo Marina, Bivona, alla foce del fosso Sant’Anna; e a Pizzo, Calamaio, alla foce del fiume Angitola. Entro i limiti, invece, i valori riscontrati a Marina di Nicotera, alla foce del torrente Britto. Cinque i punti monitorati anche in provincia di Cosenza: di questi, 3 sono stati giudicati entro i limiti, a Villapiana Lido, sulla spiaggia fronte canale del pescatore; a Corigliano Calabro, Marina di Schiavone, spiaggia fronte torrente Coriglianeto; a Bonifati, in località Parise, sulla spiaggia fronte fiume Parise. Inquinati invece i punti di prelievo a Cassano Jonio, Laghi di Sibari, alla foce del fiume Crati e al confine tra Calabria e Basilicata con il campione prelevato a Tortora Marina/Castrocucco di Maratea, alla foce del fiume Noce. Tre i punti monitorati in provincia di Crotone, risultati tutti fortemente inquinati: a Crotone, alla foce del torrente Passovecchio e alla foce del fiume Esaro; e a Isola di Capo Rizzuto, in località Le Castella, in piena Area Marina Protetta, alla foce del canale presso la spiaggia a destra del castello. In provincia di Catanzaro, entro i limiti il punto monitorato a Montepaone lido/Soverato, alla spiaggia presso fosso Beltrame, mentre è risultato fortemente inquinato il campionamento effettuato a Lamezia Terme/Gizzeria, in località Marinella/Gizzeria Lido, alla foce del torrente Spilinga.
Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Ecco perché anche quest’anno il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo dal 1984 anni, il CONOU garantisce la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale: lo scorso anno in Calabria il Consorzio ha recuperato 2.033 tonnellate di questo rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l’olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 98% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente e in particolare del mare e dei laghi – spiega il presidente del CONOU, Paolo Tomasi – rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio non solo evita una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”.