«I dati Inail sono drammatici. 4821 aggressioni denunciate negli ultimi tre anni: gli infermieri sono le vittime sacrificali!»


«1600 vittime all’anno, numeri davvero impressionati: sono questi i nuovi dati dell’Inail che si riferiscono alle aggressioni ai danni degli operatori sanitari consumate nel triennio 2019-2021, e sono solo i numeri ufficiali.

Ci chiediamo doverosamente, alla luce del dilagante allarme legato alle violenze perpetrate ai danni degli infermieri e degli altri operatori sanitari, all’interno delle corsie degli ospedali, come sia possibile che esistono ancora realtà con un bacino di utenza immenso, e ci riferiamo in particolare al Cardarelli di Napoli, che risultano, ad oggi, ancora drammaticamente prive di quei presidi di pubblica sicurezza promessi, in pompa magna, nello scorso gennaio dal Ministero degli Interni.

Eppure siamo di fronte all’aggravarsi di un triste fenomeno di malcostume sociale, così è il caso di definirlo, che andrebbe estirpato alla radice, insistendo, da un lato, ad usare tutte le leve della comunicazione , attraverso tutti gli strumenti possibili, con quei pazienti e i loro parenti che si lasciano andare a inspiegabili momenti di follia, e trasformano i nostri operatori sanitari, ogni giorno, nelle vittime di turno della loro incontrollabile rabbia.

Dovrebbero essere proprio loro, al centro degli obiettivi di campagne di educazione sociale, mirate, per consentire loro di comprendere, una volta per tutte, che gli operatori sanitari non sono i nemici da combattere. 

Dall’altro lato, non possiamo certo permettere che gli infermieri, così come dimostrano i dati aggiornati contenuti del nuovo report dell’Inail, continuino ad essere il capro espiatorio di un sistema sanitario che arranca sempre di più, laddove un calcio, uno schiaffo, un pugno, non lasciano solo una ferita o una ecchimosi da refertare, ma lacerano dentro la serenità, prima di tutto di donne e uomini, e poi come professionisti.

Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up. «Secondo l’Oms, i cui dati integrano i numeri nazionali dell’Inail, “fra l’8% e il 38% degli operatori sanitari ha subito una forma di violenza fisica nel corso della sua carriera” e ancora di più sono quelli aggrediti verbalmente. A correre rischi maggiori, lo conferma proprio l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono gli infermieri e coloro che lavorano nei pronto soccorsi.

Insomma, la professione più colpita dall’aberrante fenomeno delle violenze sono gli infermieri, in particolare le nostre donne, le nostre infermiere. 

E troppo spesso, come accaduto nelle ultime ore al Cardarelli, di fatto l’ospedale più grande del Sud Italia, lasciato ancora inspiegabilmente privo del presidio delle forze dell’ordine promesso dal Viminale, la violenza si consuma per motivi davvero futili, laddove, come in questo caso, una nostra professionista, nel reparto di Pneumologia del nosocomio partenopeo, faceva notare ai parenti di un paziente di non poter venire incontro alla loro richiesta di visitare un loro congiunto, perché fuori orario. 

Di fronte alla doverosa posizione , assunta da parte di un operatore sanitario, per il rispetto delle regole dell’ospedale, ecco arrivare calci e spintoni, quasi come se inspiegabilmente fosse tutto premeditato.

Il report dell’Inail rappresenta, lo sappiamo bene, solo la punta dell’iceberg: 4821 aggressioni ufficiali in tre anni, ma non si dimentichi “il micromondo sommerso” delle violenze non denunciate e soprattutto delle minacce, delle intimidazioni, che rimangono nel silenzio, nella paura. 

Le conseguenze del drammatico fenomeno ricadono alla fine prima di tutto sugli operatori sanitari stessi, sfiduciati, umiliati due volte, dalle aggressioni di un estraneo, la cui furia cieca è incoercibile ed inspiegabile, e dalla totale inerzia di chi, le aziende sanitarie, dovrebbe tutelare la loro incolumità. 

E naturalmente si abbattono anche sulla collettività stessa, dal momento che, con gli infermieri aggrediti che restano a casa, vengono meno, alla struttura sanitaria, quelle presenze che sono già strutturalmente carenti.

Senza dimenticare le dimissioni volontarie che aumentano giorno per giorno da parte dei professionisti, visto che non sono pochi coloro che decidono di lasciare per sempre il mondo della sanità.

Mettetevi nei panni di una infermiera, di una madre, che magari in carriera ha già subito più di una aggressione: voi al suo posto continuereste, andreste avanti nonostante tutto, alle prese anche con turni massacranti e con retribuzioni nettamente sproporzionate rispetto al mutato costo della vita?

A questo punto, continua De Palma, continuiamo a chiederci a cosa servano leggi di fatto assolutamente inefficaci, come quella del 2020 sull’inasprimento delle pene, oppure l’istituzione di Osservatori che somigliano tanto a castelli costruiti sulle nuvole.

Non passa inosservato il tanto decantato piano del Viminale, dove si evidenzia che sono 189, ad oggi, i presidi di pubblica sicurezza attivi, facendo registrare, da marzo scorso, un aumento del 50%, rispetto quindi ai 126 precedenti.

Sarà anche vero, d’altronde chi siamo noi per confutare i numeri del Ministero degli Interni, ma se poi lasciamo scoperti ospedali con bacini di utenza così grandi e gli infermieri continuano a subire calci e pugni “tutti i santi giorni”, possiamo legittimamente asserire di sentirci più che mai abbandonati a noi stessi», chiosa De Palma.