Il Sud con il futuro e il passato, e senza presente


Il sindaco di Napoli, de Magistris, trovandosi in Calabria, ha detto, testualmente, che “tra cinque anni la felicità sarà a Sud”. Ha detto non il benessere, il progresso, il lavoro, la produzione, i soldi, che sono cose umane, e magari persino possibile; ha detto, con impeto barocco, la felicità; proprio la felicità, un sentimento che, nella storia dell’umanità, è stato provato a stento da qualche mistico o da qualche coppia di amanti, e sempre per un attimo. Secondo lui, invece, il Sud sarà “felice”, e ha pure indicato, caso unico tra i profeti, una data precisa: il 2023.

Il Meridione, nella sua storia culturale, è zeppo di profezie: dagli orfici a Pitagora a Gioacchino a Campanella a Bruno… profeti affascinanti, e che, come tutti i membri di questa nobile categoria presso tutti i popoli e in tutte le epoche, non ne imbroccano una. Però, dai, un poco di utopia ogni tanto è necessario.
Ah, dimenticavo il profeta della ricchezza immane che la Calabria otterrà tramite Gioia Tauro: e dico il vate e veggente di Satriano, il mio amico Pino Soriero! Il quale mentre annunzia fiumi di euro nel porto, il porto sta chiudendo e ha non so quante centinaia di licenziati. Alla faccia del profeta.

Intanto il Sud invecchia, si svuota di giovani laureati, e la Calabria è l’ultima d’Europa. I grandi profeti del futuro non dicono una virgola sul presente.
Ma torniamo alla felicità. Attenzione, quella di de Magistris non è solo una fantasia a ruota libera: è un’idea immaginaria del Sud, che circola, in negativo e in positivo, da secolo, da quanto un anonimo (poi ripreso dal Croce, ma solo ripreso) coniò l’espressione “Paradiso abitato da diavoli”, dicendo cosa del tutto inesatta: gli abitanti del Sud non siamo né diavoli né santi, né geni né stupidi; siamo un poco come tutti gli altri, mutatis mutandis. Eccelliamo in filosofi e giuristi; andiamo così così in letterati e artisti. L’agricoltura ha qualche area ottima, altre di produzione estensiva, altre molto modeste. Il clima è instabile. La geologia è esposta a pericoli. Il mare è bello, ma ce ne sono, in giro, di mari: più di due terzi della superficie terrestre.

La storia del Sud, rispetto a tanti altri luoghi del mondo, è pacifica; e il peggiore dei feudatari calabresi era un sant’uomo, rispetto a quelli inglesi non del Medioevo, ma fino all’Ottocento; guerre, quasi mai. Quanto alla delinquenza… beh, se leggete i Miserabili, era molto più tranquillo passeggiare nudi di notte nel cuore della Sila, che armati e di giorno nel centro di Parigi.
Nei secoli passati, la gente campava (non è esattamente sinonimo di vivere, ma campava); e sono rarissimi gli episodi seri di proteste, sommosse e rivolte popolari: praticamente solo quello del 1647, noto come di Masaniello. L’economia di sussistenza consentiva di tirare avanti anche senza circolazione monetaria. Tuttavia non mancava un artigianato prossimo all’industria, in particolare quella della seta. Male organizzata la commercializzazione, e si giovavano più i mercanti forestieri che l’economia locale.

Insomma, una storia media, e, se volete, noiosa. Dalla Seconda guerra punica, finita nel 202 aC, alla Guerra gotica, finita nel 553 dC, in tutto il Meridione romano non succede assolutamente nulla; mentre l’archeologia mostra belle e comode città, circondate da “ville” produttive. Quando arrivarono i Saraceni, il governo imperiale bizantino organizzò i kastellia, che sono i nostri paesi collinari; e il sistema funzionò benissimo.
Ci furono i terremoti, ma è colpa della natura; e lo storico si cura piuttosto della ricostruzione, che fu sempre rapida e di buon livello.

Ecco un modo sano di raccontare (in estrema sintesi) i secoli passati, ma senza piagnistei e senza enfasi secentesca. Telesio e Campanella e Bruno e Vico e Croce e Gentile sono grandi filosofi, ma questo non mi autorizza a dimenticare l’esistenza di Kant, Fichte, Hegel eccetera. Eccetera.
E invece c’è una vera mania di reinvenzione del passato: la prima ferrovia, il primo ascensore, il primo telescopio… generalmente anche ultimo telescopio, ultimo ascensore e ultima ferrovia! È un fatto psicanalitico facilmente spiegabile: i nostri paeselli brulicano di morti di fame vaganti a raccontare, tra sghignazzi sottaciuti della plebe, che il nonno era barone, ma si giocò tutto con le donne; segue risata idiota.
Se dunque a Sud una cosa va male, e ne vanno, giù a ricordare la grande nonna baronessa di tutti, la Magna Grecia. Il 95% ne ignora quasi ogni cosa, però “qui fu la Magna Grecia”: sono un’ottantina di generazioni fa!

Come sparì la Magna Grecia? Colpa dei cattivi Romani. Come la Calabria stette male? Colpa dei cattivi Spagnoli. Perché si moriva di fame? Colpa dei Borbone… poi è cambiata la moda, e ora è colpa di Garibaldi. Cavour e Napoleone III, mai sentiti nominare, però è lo stesso colpa loro. Di chiunque, basta che la colpa sia di qualcun altro.
Ecco dunque il passato meraviglioso, seguito da un futuro felice. Sul presente, non un gatto randagio che affacci una proposta possibile e credibile, e la cui finalità sia non la felicità futura e passata, ma il lavoro e la produzione e il commercio interno ed esterno.
Il popolo, che ne dice? Il popolo, esclusi i presenti, si fa un dosa di droga magnogreca passata o di droga eudemonistica futura; e, schiacciato un pisolino, si sveglia contento; e continua a votare per i seguenti signori o i loro eredi naturali e politici: A. Guarasci, A. Ferrara, P. Perugini, A. Ferrara di nuovo, B. Dominijanni, F. Principe, R. Olivo, G., Rhodio, D. Veraldi, L. Meduri, A. Loiero, M. Oliverio di centrosinistra, e G. Nisticò, B. Caligiuri, G. Chiaravalloti, G. Scopelliti e Stasi di centro(destra).
Io, che faccio lo storico dilettante, quindi mi piace il passato, e come letterato ogni tanto scrivo poesie sul futuro, come cittadino sono molto, ma molto preoccupato del presente! Praticamente, io solo.

Ulderico Nisticò


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