Infami danzatori della pioggia


Il mese di Ottobre è stato una iattura per la meteorologia. Devastazioni di interi territori, cambi repentini di temperatura e decessi di incolpevoli cittadini. Ho visto città alluvionate e le sue strade, come torrenti in piena, trasportare di tutto. Ho visto interi campi coltivati distrutti dalla troppa pioggia o, peggio, da grandinate inattese e possenti. Ho visto regioni messe letteralmente in ginocchio, come nel caso della mia Calabria. E purtroppo ho visto anche persone perdere la vita perché l’incuria nella gestione dei nostri territori genera tragedie a cui non sappiamo porre rimedio. O, magari, semplicemente perché la natura si sta riprendendo con la forza quello che è sempre stato suo e quelle povere vittime si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Noi, purtroppo, siamo quel Paese che quando veniamo colpiti da calamità naturali (ma anche artificiali), invece di rimboccarci le maniche per prevenire e rimediare ai disastri, preferiamo far polemica spicciola, faziosa e imbecille. Prendiamo Roma degli ultimi giorni, città bellissima nella sua maestosità storica, ma fragile nel suo territorio. A Roma ci vivo da quando la mia terra mi ha dato il ben servito, e quindi posso testimoniare in presa diretta quale possa essere la situazione reale.

L’imbecillità di alcuni sostenitori del partito anti-VirginiaRaggi ha voluto, ovviamente, dare la colpa al Sindaco per il maltempo che attanagliava la penisola, tanto da criticarla pure quando ha pensato di chiudere le scuole nei giorni in cui un ciclone colpiva la capitale. Ma come si permette costei? come può rovinare le giornate di genitori che, convinti di parcheggiare i figli a scuola per andare a fare i porci comodi nei posti di lavoro, si ritrovano invece a barcamenarsi per capire dove lasciarli? come può decidere di chiudere strade i cui ponti sono pericolanti per evitare tragedie come quelle di Genova? come può aver previsto che i pini di Roma, di Vendittiana memoria, potessero essere un pericolo per la cittadinanza emanando l’allerta specifica in quel senso? Deve dimettersi. E sapete perché? Perché semplicemente ciò che ha previsto, è successo.

Roma degli ultimi giorni è stata devastata dal vento e dalla pioggia che cadeva con una inclinazione più vicina ad un angolo acuto. Per chi, come me si muove con i mezzi pubblici, in situazioni critiche di questo tipo diventa veramente complicato muoversi per la città. Ma se riesce a tornare vivo a casa, diventa spettatore privilegiato della furia della natura e della devastazione che la stessa ha deciso di causare. Strade chiuse per allagamenti, perché rami e alberi hanno deciso di lasciare questo mondo per cadere morti sull’asfalto (o spesso sulle auto in sosta), perché i romani che non sanno di avere dei mezzi pubblici a disposizione, intasano le principali vie di comunicazione con i loro bolidi che sguazzano come ippopotami sulle corsie ricolme d’acqua. E quindi, per arrivare a lavoro, così come per tornare a casa, si fa il viaggio della speranza, ma con documentario biblico, tratto dall’Apocalisse di Giovanni, compreso nel prezzo dell’abbonamento atac.

Questa scenografia apocalittica (appunto!), però, è stata la stessa per tre quarti della penisola. Non solo il Lazio o le regioni meridionali, ma Veneto, Liguria, Piemonte, Toscana, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna hanno fatto i conti con gli effetti del maltempo, ognuno subendo i suoi importanti danni. Ma per i giornali e per i baluardi dispensatori di buoni consigli che popolano i social network, la Raggi non doveva permettersi di chiudere le scuole e soprattutto, se aveva previsto il maltempo, doveva mettere in sicurezza la città e permettere il normale sviluppo produttivo della capitale d’Italia. Che poi, romani e trapiantati, soprattutto meridionali, con tutta questa voglia di lavorare quando lampi, saette e vento a 100 km orari sferzano senza soluzione di continuità, è una rivelazione ben più sorprendente della già citata rivelazione riferita a San Giovanni evangelista.

E’ ovvio ed è scontato che Roma abbia bisogno di urgenti interventi sul territorio per metterlo in sicurezza e per dargli la veste regale che merita e che da troppi anni ha perso per colpa di altri. Ma indicare una sola persona, che pure ha le sue colpe, come la mandante di tutte le nefandezze che succedono nella città, è a dir poco, come direbbero qui, infame. Ma l’infamia, si sa, è propria di chi antepone i propri interessi a quelli di tutti gli altri… quindi se io non posso portare i miei figli a scuola, non so come arrivare a lavoro perché le strade sono chiuse e per due giorni sono costretto a stare a casa per godermi i bambini e sottrarre le mie ferie alle vacanze alle Maldive che avevo previsto di fare, e soprattutto addebito questo stato larvale imprevisto all’operato di una sola persona che non è Dio, allora non ci sono dubbi: sono un infame.

Chi ha una mente libera da preconcetti politici, capisce che si sta parlando di una situazione al limite della gestibilità amministrativa e che va ampiamente al di là delle aspettative burocratiche degli enti preposti alla prevenzione. L’ultimo bollettino parla di dieci vittime in tutta italia, di 170 persone bloccate sul passo dello Stelvio, ventitremila persone senza corrente elettrica in Friuli Venezia Giulia, acqua alta oltre i 160 cm a Venezia, il porto di Rapallo completamente distrutto, l’aeroporto di Genova chiuso per i detriti trasportati dal vento, Portofino isolata, oltre chiaramente alle devastazioni laziali. Certamente, ogni amministratore poteva prevedere e fare meglio il proprio lavoro, salvaguardare il territorio e metterlo in sicurezza. Ma criticarne uno solo perché è politicamente da attaccare in quanto rappresenta il nemico da abbattere, signori, è da infami.

Gianni Ianni Palarchio (Blog)


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