La depenalizzazione del Sesto Comandamento


 È accaduto spesso che papa Bergoglio generasse equivoci parlando a braccio: chiacchierando in modo poco accorto, lasciò credere a Scalfari di dubitare della divinità di Cristo, e quello, scorretto, lo pubblicò. Il giornalista venne giustamente messo alla porta; ma, voce dal sen fuggita… Stavolta no, stavolta non sono state parole in privato, ma un documento scritto.

 Non faccio esegesi della sottile, troppo sottile, e poco convincente distinzione tra castità e astinenza. M’interessa il concetto di fondo, che è il punto di arrivo (spero!) di un processo iniziato ormai da anni: la derubricazione del Sesto Comandamento; per i poco informati, che sono tantissimi anche tra i fedeli, è quello del sesso.

 Il rapporto tra la Dottrina cattolica e il sesso non è stato lineare. Nei primi secoli è facile immaginare che il cristianesimo si sia differenziato se non opposto al libertinaggio dei Romani: a tale proposito, leggete Marziale, Giovenale… e anche gli storici.

 Nel Medioevo la violazione del Sesto era peccato, però senza esagerare: nell’Inferno e nel Purgatorio di Dante i peccatori carnali sono, rispettivamente, al primo e all’ultimo posto, cioè tra quelli meno gravemente condannati e puniti. Le cronache medioevali… beh, leggete il Boccaccio e vari altri. Non parliamo nemmeno dei secoli XV e XVI! Vero che poi l’Europa venne pervasa da due paralleli moralismi: quello protestante e quello della cd Controriforma. Seguirono il libertinaggio settecentesco e il moralismo ottocentesco borghese, sia pure con diffusissime eccezioni che si faceva finta di non vedere.

 Dopo un periodo di allegria da fine Ottocento alla Seconda guerra mondiale, abbiamo un moralismo che non esito a definire bacchettonismo: quello di Scalfaro [con la o!] che schiaffeggiò una signora scollata. Chi ha iniziato il suo percorso di religiosità negli anni 1950-60, sa bene che il peccato sessuale non era un peccato, ma il peccato; e con non vi dico quante contorsioni.

 Anzi, ve lo dico. Ai tempi del Sessantotto avevo un amico, sessantottino pure lui, e da pochissimo ordinato sacerdote. Mi disse che stava studiando per un esame volto a ottenere licenza per la CONFESSIONE DELLE DONNE, dopo due anni di quella dei soli maschi. A tale scopo, doveva conferire su due testi in latino: uno, piccolo piccolo, di morale generale; l’altro, corposissimo, s’intitolava così: DE CASTITATE ET ORDINE SEXUALI. Me lo faccio prestare al volo, e non oso ripetervi nemmeno il 10% della mia lettura! 

 Da allora sono successe tante cose di natura sociologica, che qui brevemente riassumo:

1. Ingresso delle donne nel mondo del lavoro; e delle giovanissime a scuola e nell’università, e nello sport e vita sociale.
2. Promiscuità nella vita quotidiana dei due sessi, prima separati anche per abitudini e orari e persino alimentazione.
3. Rinvio nel tempo dell’età del matrimonio, che ancora pochi decenni fa era in età adolescenziale per le fanciulle, cui non era dunque tanto difficile restare tali: Giulietta di Shakespeare ha quattordici anni; Lucia del Manzoni, poco di più. 
4. Mutamenti di mentalità, costume, vestiario… sia delle donne sia, per amore o per forza, dei loro parenti, che si sono dovuti adeguare.
5. Diffusione degli anticoncezionali, con netta diminuzione dei rischi di gravidanza non voluta.
6. Anafrodisia: un argomento di cui non parla volentieri nessuno, anzi se ne tace; ma la medicina ne sta prendendo atto da decenni. C’è più sesso parlato che fatto.
7. Nella Dottrina, individuazione di peccati di ben altra gravità che il Sesto Comandamento.

 La Chiesa ha preso atto del mutamento della realtà? 

Ulderico Nisticò