La Storia di Don Pino Puglisi


puglisiIl 15 settembre è il 22° anniversario dell’assassino di don Pino Puglisi il prete che un sorriso fece tremare la mafia.

Padre Pino Puglisi è stato una di quelle persone, di quelle poche persone, a denunciare, a combattere per le proprie idee, a cercare di dare alle persone un futuro migliore, per quanto riguarda il contesto mafioso in cui viveva ma anche sotto l’aspetto della qualità della vita, con l’impegno che “3P” ha profuso per la costruzione dell’ asilo, della scuola, del centro di accoglienza “Padre Nostro” e anche per la ricostruzione della chiesa e dell’oratorio di Brancaccio.

Appena arrivato a Brancaccio, incontra un gruppo di ragazzini che giocano a calcio in mezzo alla strada e, dopo qualche giorno, costruisce un campo di calcio accanto alla chiesa e invita i ragazzini a giocare in quel campo, lontano dalla strada, quindi lontano dalla mafia, che si serviva di questi per compiere alcuni “lavoretti “; questo fatto indica e esprime appieno il carattere del padre, la sua bontà, la sua voglia di fare, di rimboccarsi le maniche per il bene comune e un suo certo occhio di riguardo per le nuove generazioni . Questo fa sì che la mafia, non avendo più “picciotti”, si accorga di lui.

I bambini del quartiere crescono con dei sani principi trasmessi da Don Puglisi e la mafia, ovviamente non contenta di questa situazione, inizia a intimidire il Padre con atti di guerra psicologica, ad esempio bucando le gomme dei motorini dei suoi studenti delle scuole superiori, andati da lui a dare una mano al centro d’accoglienza.

Questo fatto contribuisce a far allontanare alcune persone dal Centro Padre Nostro per paura di essere colpiti direttamente da un agguato.
Se, a questo punto, Don Puglisi si fosse fermato forse si sarebbe salvato, ma non sarebbe riuscito a vivere in un mondo come quello, quindi la sua unica scelta fu quella di combattere, guidato dalla sua fede e dalla sua cocciutaggine.
Un giorno, durante la messa, Don Puglisi si rivolse direttamente alla mafia e ai mafiosi dando degli animali, della bestie ai cosiddetti “uomini d’onore”. Questa fu la firma di Don Puglisi sulla sua condanna a morte, arrivata dopo le pressioni dei boss di Brancaccio, scontenti di essere presi in giro da un prete.
Il giorno del suo compleanno, Don Puglisi ricevette una telefonata in cui un a voce gli augurava buon compleanno, ma quella voce non era quella calda o affettuosa di un parente o un amico, ma quella di uno sciacallo che non ha le “palle” di farsi vedere in faccia.
Don Puglisi, cosciente del fatto che poteva succedergli qualcosa, uscì di casa per raggiungere la festa che i suoi amici gli stavano preparando.
Degli uomini lo fermarono, per strada, e gli diedero il suo regalo di compleanno.
Uccisero lui, ma la sua storia e il suo insegnamento vivono ancora.

(Estratto dal Web | Segnalazione dell’Osservatorio Falcone-Borsellino)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *