L’intelligenza artificiale (IA) degli antichi, e i loro timori


 Non moriremo, nel 2024, di IA; come non siamo morti di computer negli anni 1990, quando alcuni miei dotti colleghi tremavano al pensiero che i fanciulli avrebbero subito irreversibili danni! Non sono morti sotto il treno, verso il 1820, quando in Gran Bretagna erano così spaventati da ordinare che, davanti alle locomotive, corresse un uomo a cavallo o a piedi per avvertire dell’orrendo e fumante pericolo; poi, con la ben nota mancanza di logica degli Inglesi, riempirono il Regno Unito di ferrovie.

 Anche gli antichi conobbero e temettero l’IA, e qui ci facciamo una passeggiata tra i miti e le storie. Nel XVIII dell’Iliade, il dio Efesto fabbrica le armi di Achille aiutato non da giganti e altri esseri viventi, bensì da quelli che Omero chiama αὐτόματοι, e non sono macchinari utensili ma autentici automi, robot.

 Tra i Feaci (non cominciate a sragionare: non si sa dove vivessero, e se vivessero!) Ulisse vede dei cani d’argento semoventi e abbaianti, a guardia del palazzo di Alcinoo; dove anche l’avvenente e intraprendente e poi delusa Nausicaa è servita da ancelle meccaniche. I Feaci hanno navi che non solo vanno senza vento né remi, ma senza bisogno di un capitano, perché sanno da sé dove e come andare.

 Dedalo, illustre inventore, lasciò in più luoghi statue semoventi, dette appunto dedaliche. Passano i millenni, e Gerbert d’Aurillac, papa Silvestro II dal 999 al 1003, uomo di variegata cultura e depositario di arcani segreti, creò oggetti automatici e forse persino la vita in provetta, l’homunculus: lo chiamaroro “papa mago”. La sua testa parlante giunse fino a s. Alberto Magno, maestro di s. Tommaso d’Aquino, e infine venne distrutta.

 Infiniti sono, infatti, gli esempi di invenzioni senza seguito, perché ostacolate da ragioni non scientifiche e tecniche, ma politiche e di mentalità; e dall’umano vizio della neofobia. Narra Petronio che un tecnico presentò ad Augusto una bottiglia di materiale deformabile e infrangibile, e che venne ucciso “perché questa materia avrebbe tolto ogni valore all’oro”, e Svetonio che un ingegnere offrì a Vespasiano una macchina per costruire senza fatica umana o animale, e l’imperatore la rifiutò con questa assistenzialistica motivazione: “lasciami nutrire il popolino”, cioè fammi fare lavori pubblici di lunga durata e aspettativa e occupazione di braccia. Eh, il mondo è paese anche nel I secolo dC!

 Il Medioevo fu epoca di grandi innovazioni tecniche, come mostrano le possenti e indistruttibili cattedrali gotiche, e i colori dei quadri e affreschi che paiono fatti ieri; e di più umili innovazioni come la staffa, la ferratura dei cavalli, e altri usi dei metalli. Vero, ma le novità vennero molto spesso mantenute segrete, e le tecniche morirono con i loro inventori. Ruggero Bacone (XIII secolo) scrive di poter insegnare a costruire macchine volanti etc, e di non volerlo rivelare, “perché il volgo perverte e abusa”; e ci vorrà, due secoli dopo, Francesco Bacone per imporre il concetto di divulgazione della scienza e della tecnica; donde il progresso degli ultimi sei secoli, che non è frutto di fantasie e creazioni individuali e solitarie come Archimede Pitagorico di Topolino, ma di continue innovazioni, quindi un lavoro collettivo. Esempio: la stampa è notissima a Dante, che la cita più volte; per quella a caratteri mobili, del resto banale, ci volle un artigiano tedesco del secolo seguente; e cambiò il mondo.

 Il progresso fa bene o male? E qui torniamo al mito greco. Pigmalione cercava una donna perfetta, e, ovviamente, non la trovò, perché, e mi perdonino l* femminist*, anche le donne sono esseri umani come tutti gli altri. E allora che fece? Se la costruì meccanica, e la chiamò Pandora, Πανδώρα, πᾶν-δῶρον: ogni dono. Ogni, però; e quando per curiosità aprì il vaso che lei portava, si sparsero per il mondo tutti i beni e tutti i mali che costituiscono e inguaiano e allietano la nostra quotidiana esistenza. Bello è il pericolo, direbbe Platone; e Vivere pericolosamente incalza Nietzsche.

 Anche Dedalo inventò il volo, ma non immaginava che il figlio, per strafare, sarebbe caduto dal cielo. Oggi tuttavia l’aereo è il mezzo di trasporto su cui avvengono meno incidenti. Insomma, fate voi e a vostro senno.

Ulderico Nisticò