Se un candidato qualsiasi di un partito qualsiasi volesse tenere un comizio a Soverato, potrebbe farlo, però in piedi su una panchina, perché il Comune non si è preoccupato di montare un palco a ciò destinato. Ma i comizi, dice qualche saputo, non si usano più… Bene, ma almeno una mezza riunione al chiuso… Ma oggi ci sono tv e social e cellulari, incalza il modernista accanito… Bene, ma ditemi voi se sui social trovate qualche cenno… o se mai avete ricevuto una telefonata, un messaggio Vota il tale partito, e meno ancora Vota il tale candidato.
A oggi 26 maggio, cioè a dodici giorni dal voto, la politica è ridotta a duello a distanza tra Giorgia ed Elly, con qualche tentativo di sgomitare da parte di Salvini e Conte, e rari altri casi.
Sgomitate e duelli che in realtà trattano di politica interna italiana, mentre l’argomento del parlamento europeo, e dell’Europa in generale, appare un mero pretesto per parlare di premierato e di sanità; argomenti meritevoli di discussione, certo, ma che nulla hanno a che vedere con le imminenti elezioni europee.
Sorvoliamo su patetici tentativi di retrodatare la politica al 1922-45!
Il Meridione viene nominato pochissimo e niente, e destinato a fare quello che fa dal 1861, cioè votare su indicazioni altrui; e attenti che nessuno, nemmeno nel 1861, obbligò mai gli elettori meridionali a fare o non fare qualcosa, ma solo essi, gli elettori meridionali, anzi il Meridione, incapaci di esprimere un qualsiasi parere credibile; a parte inventarsi glorie di nonni baroni, e l’ultima che ho sentito, la “repubblica sabauda”: giuro che non scherzo, e nemmeno i peggiori fanatici mi sanno spiegare cos’è. Ci saranno, il 9 giugno, deputati europei meridionali: e ci diamo appuntamento, speriamo di esserci, al 2029 per sapere cosa avranno fatto di meridionale. Ve lo dico io: quello degli attuali parlamentari dal 2019, cioè niente. Anzi, dal 1979.
Una lista meridionalista, anche un solo candidato meridionalista? Ahahahahahahah.
Poi vi stupirete, se tantissimi non andranno a votare? E che, sotto sotto, ai partiti va bene così?
Partiti, si fa per dire: apparati del tutto privi di base. Ci vogliono quelli della mia età (74 domani!) per ricordare le campagne elettorali di ormai mezzo secolo fa, quando mi chiamavano in contemporanea per un comizio da sei o sette paesi; e non si sa come, riuscivo a tenerli; e spesso finiva a grandi mangiate dopo la fatale mezzanotte dell’ultima sera. E qualche volta la faccenda era burrascosa, come mi accadde a Casabona nel 1979… e se lo ricordavano ancora quando, trent’anni dopo, tornai a presentare un più pacifico libro di storia cittadina. E quando si comiziava attaccando alla batteria dell’auto delle gracchianti trombe da venditore ambulante. Altri tempi, e, con gaudio delle tipografie, manifesti e “santini” e facsimili… oggi, roba da archeologia sociologica.
Riassumendo: non sono cambiati i modi di fare politica, il che sarebbe banale; è che è proprio sparita la politica. Ci vorrebbero – in ordine dal basso in alto – iscritti, sezioni, segretari cittadini e provinciali e regionali, giornali; e dietro a tutto questo – ancora in crescendo – ideologie, idee, filosofie. È proprio questo che manca: non ci sono delle filosofie, cioè delle disamine della realtà e delle ipotesi di soluzione. Per carità, non pretendo, con l’ignoranza laureata che dilaga, che compaiano dei Fichte, Hegel, Schopenhauer, Marx, Nietzsche, Croce, Gentile… mi contenterei anche solo di un pensiero politico decente circa il 2024, e manco questo esiste.
Figuratevi se viene qualcuno a parlare dal palco in piazza; palco che dal canto suo non c’è.
Ulderico Nisticò