Meridionalismo assurdo, e, nel 1860, come andarono le cose


 Dilaga una vera mania meridionalista e di “misero orgoglio di un tempo che fu”, come, stando al Manzoni, gli Italiani dell’VIII secolo sotto i Longobardi; solo che i tempi di cui i meridionaldomenicali si vantano, nemmeno ci fu, e se l’inventano.

 Attenti, negare glorie e ricchezze del loro Sud immaginario, non significa automaticamente affermare che il Sud dei secoli passati fosse alla fame. Il Meridione, e dico ciò in modo del tutto indipendente dai sistemi politici e sociali, consentiva di campare, e qualche volta persino di vivere con un’economia di sussistenza. E attenti ancora di più: sussistenza non vuol dire sopravvivenza; vuol dire utilizzare le risorse naturali, e molto spesso con scarsa esigenza di lavoro. Pensate all’allevamento del maiale a costo quasi nullo; alla raccolta di lumache; castagne; erbe più o meno salutari…

 È chiaro che simile economia non può minimamente essere misurata in “reddito pro capite” e in denaro; per la ben nota ragione che denaro non ne avevano nemmeno i ricchi, e figuratevi gli altri. Gran parte dei rapporti di consumo e lavoro si praticavano con il baratto (u scangiu): e tutto questo non si trova in nessuna statistica. Attenti: succedeva in quasi tutto il pianeta; però qui parliamo del Meridione.

 C’erano delle aree ammodernate e industrializzate: zona di Napoli, tessili di Salerno, cantieri navali, Mongiana… ma non c’era rete, e scarsissimo era il mercato interno. Il Meridione esportava grandissime quantità di derrate come grano, olio da ardere, mosto; ma con pochissimo valore aggiunto. I latifondisti, generalmente rozzi e ignoranti (una categoria speciale del Sud è l’ignorante con laurea: la specie peggiore!), vendevano all’ingrosso per incassare qualcosa e pagare debiti o far la dote a una figlia.

 Nonostante questo, anzi proprio per questo, campavano tutti; e tutti “gattopardi, sciacalli e iene” erano convinti di trovarsi nel migliore dei mondi possibili e non volevano cambiare, ciascuno fedelissimo a una figura inesistente e perciò mitica: il nonno, spacciato per saggio e dotto, e sovente anche “barone”. Guai a dire, nel 1860… e nel 2024… a un meridionale di cambiare qualcosa! Una delle turbe psichiche più diffuse è la neofobia di qualsiasi cosa.

 La cultura era, ed è tuttora, identificata con la scolarizzazione; il che, ovviamente, non risponde al vero. Il medico, il notaio di paese, tornati da Napoli laureati, non leggevano, e non leggono tuttora, un giornale; e lo stesso accadeva ai re e al governo: come mostrarono i fatti tra il 1855 e il 1861.

 I Borbone erano monarchi assoluti. Lo erano quasi tutti; e se la Francia divenne moderna, lo si dovette a uno che assunse la dittatura di fatto nel 1849 e la corona imperiale nel 1852: Luigi Bonaparte, o Napoleone III. Quando decise di sbancare Parigi e renderla quella che oggi è, Luigi non stette a sentire i capricci dei romanzieri cui servivano i quartieri putridi dei “Miserabili”, bensì chiamò un altro tipaccio, il prefetto Haussman: ed ecco i boulevard e la ville lumière. Ferdinando II, sovrano assoluto, accontentò tutti i capricci dei sindaci e dei baroncini che volevano la stazione sotto casa (in versione 2024, i ridicoli “svincoli”!), e nel 1860 in tutto il Regno c’erano 99 km di binari, quanto a Parma e un decimo del Piemonte; dove le ferrovie si resero patriotticamente utili anche per la guerra del 1859. Mancano i soldi, a Ferdinando? Ma no, mancavano i baffi e la capacità di dare ordini e farsi obbedire.

 Intanto Luigi si metteva d’accordo con Cavour; donde la Guerra di Crimea (toh!), il Congresso di Parigi, i colloqui segreti [di Pulcinella], la Seconda guerra d’indipendenza, le annessioni, le cessioni… Mentre l’Europa, il Mediterraneo, il Mar Nero, l’Italia Centrosettentrionale andavano in fiamme, che faceva il Regno delle Due Sicilie? Niente, nientissimo, né Ferdinando, morto il 22 maggio 1859, e tanto meno Francesco II, che era l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Lo stesso per la partenza di Garibaldi da Genova, che si leggeva sui giornali europei; e il suo comodo arrivo a Marsala; le sue facili battaglie contro generali inetti e rimbecilliti per età; il suo ingresso a Napoli non su eroico cavallo da guerra ma su più riposante treno. Si vede che aveva lo stesso problemino di Napoleone I e del cavalleggeri in generale! Omissis.

 Al Volturno, forse le cose potevano andare meno peggio, se Francesco II e Ritucci non avessero avuto, come ebbero, un’idea umanitaria della guerra!

 Padrone di Napoli, Garibaldi mostrava chiara intenzione di puntare su Roma contro il papa; quel papa Pio IX suo nemico, e che aveva definito in modo che qui non vi posso riferire! A Napoleone III sarebbe toccato intervenire a difesa del papa come aveva fatto nel 1849; ma l’Austria, e la Prussia ancora amica, minacciavano a loro volta un intervento, con pericolo di una guerra europea. Soluzione, una spedizione del Regno di Sardegna. Quando le truppe sarde, in mezzo alle quali c’era il re, arrivarono nel Meridione, non c’era niente da conquistare, tranne Garibaldi, che se ne andò alla chetichella.

 Dopo un breve scontro al Garigliano e l’assedio di Gaeta, tutto finì. Altro discorso gli insorti detti briganti, che iniziarono spontaneamente una loro guerra per il re; senza però coordinamento, e senza speranza. Qui ne parliamo solo per confutare la buffa tesi che i briganti fossero democratici e socialisti e volessero il posto fisso al comune!!! Ve l’immaginate Michelina, da capo di banda a bidella?

 A questo punto, i meridionalisti della domenica, dopo aver inventato enormi ricchezze, cambiano umore e s’inventano un genocidio, anzi, a onta della logica, “genocidi”; i meno assurdi, parlano di “stermini”. È da notare, ahimè, che quasi tutti loro pensano in dialetto, perciò in modo barocco ed esagerato, tipo “staju morendu” per dire ho mal di testa. Gira la foto, a colori!, di una bambina uccisa… con a fianco una bottiglia di plastica; e presentata come prova di un delitto del 1861!!! E giù lacrime a cena.

 Attentissimi. Se i Borbone si rivelarono incapaci, non meglio, anzi molto peggio fecero i liberali antiborbonici, che si lasciarono “annettere” senza la minima trattativa. Erano, vedi sopra, i soliti ignoranti con laurea, e, deputati eletti nel febbraio 1861, non potevano prendere la parola in quanto dialettofoni. Per avere un presidente del Consiglio meridionale dobbiamo attendere il siciliano Rudinì nel 1892. I liberali toscani del 1859 pretesero, per l’annessione, il mantenimento del Codice Penale leopoldino; i nostri “paglietti” gettarono a mare secoli di tradizione giuridica del Regno. Eccetera.

 Ecco come andarono le cose. Ed è pericoloso per le menti semplici e che ignorano la storia (non uno di loro nomina mai Napoleone III, e raramente qualcuno Cavour), illuderli di una felicità che mai fu e che mai sarà; quando il Meridione ha bisogno di un bagno di serietà sia nella conoscenza della storia, sia nella politica del 2024.

 Esempio del 2024: la Calabria ha 11.000.000.000 (undici miliardi!) da spendere, e ne ha spesi il 6,4%: come le ferrovie borboniche. La Calabria, non Nino Bixio e Cialdini! Questo sì che si chiama genocidio, rifiutare il denaro, in una Calabria che ha mille guai, ed è l’ultima d’Europa! Però hanno tutti un nonno barone; e una bisnonna baronessa di tutti quanti: la Magna Grecia; della quale sanno solo Pitagora, e per le tabelline, che già il teorema…

Ulderico Nisticò