Si sono svolti all’alba, in forma strettamente privata e direttamente al cimitero di San Luca i funerali del boss aspromontano Antonio Nirta, deceduto per cause naturali all’età di 96 anni nella sua casa situata a Benestare nella contrada Ricciolio. Ad ordinare il funerale in forma “blindata” (numerosi gli agenti della Polizia di Stato e dei carabinieri presenti) è stato il questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi. Con i fratelli Giuseppe – assassinato a Bianco 20 anni fa in un agguato di stampo mafioso e considerato il “capo dei capi” del crimine organizzato calabrese – Francesco, Sebastiano e Domenico, Antonio Nirta era ai vertici di una delle più potenti e ramificate cosche della ‘ndrangheta, “La Maggiore”. Soprannominato “il diplomatico” grazie al ruolo da paciere ricoperto più volte in diversi momenti della cruenta guerra di mafia che infiammò Reggio Calabria, faida che neanche Totò Riina riuscì a fermare, Nirta riuscì anche a far sentire il suo peso, nei primi anni della mattanza, anche nella cruenta e sanguinosa faida di San Luca, culminata, ad agosto del 2007, con la strage di Duisburg, in Germania.