Si legge di terremoti e bradisismi, e anche di una desolante improvvisazione. Ecco come si regolarono i nostri avi, nel Settecento. La Calabria era soggetta a terremoti almeno dalla fine del Cinquecento. Alcuni episodi furono violentissimi, in particolare quelli del 1638, in concomitanza con un’eruzione del Vesuvio; ma le scosse di minore potenza erano, per così dire, endemiche, frequentissime.
Leggiamo nell’aureo libro “Diario di Catanzaro 1710-69”, di Moio e Susanna, edito da Umberto Ferrari, che la città si dotò di “baracche”; e, al primo allarme importante, i cittadini erano pronti a raggiungerle, tenendo perciò a portata di mano il necessario. Erano edifici di legno, meno pericolosi delle murature. In molte località resta, appunto, il toponimo Baracche.
Durante i secoli XVII e parte del XVIII, i centri colpiti dai terremoti vennero sempre ricostruiti in situ. Ce ne dà un esempio Mileto, i cui antichi edifici normanni subirono gravissimi danni ogni due o tre decenni.
Nel 1783 l’intera Calabria venne devastata da un sisma apocalittico, che aprì montagne come un libro, e causò frane e paludi; e tantissimi luoghi abitati vennero rasi al suolo. Si contarono fino a trentamila morti.
E qui lo storico deve celebrare una delle operazioni di maggiore efficienza ed efficacia mai viste nella storia umana. Il governo di re Ferdinando IV di Borbone inviò immediatamente un forte e ben fornito esercito al comando del principe Pignatelli.
A questi – E QUI STATE BENE ATTENTI – vennero dati i poteri dell’alter ego, cioè come se fosse il re in persona, quindi senza intoppi e pastoie.
Le popolazioni vennero raggiunte dai militari, e soccorse in ogni modo. Si costruirono, con grande rapidità, baracche bene ordinate e sotto sorveglianza.
Gli ingegneri borbonici e Pignatelli presero una decisione che mutò profondamente la stessa geografia della Calabria: trasferire gli abitati, dotandoli di perfetti piani regolatori.
Visitate Borgia, Filadelfia, Oppido, Palmi e tantissimi altri paesi, e vedrete cosa significa un piano regolatore che miri alla salubrità, alla sicurezza, alla vivibilità: fu un trionfo dell’urbanistica nel senso più nobile del termine.
L’operazione venne compiuta entro dieci anni, e con grandissima precisione e correttezza finanziaria.
Di particolare novità le tecniche antisismiche, con uso del laterizio (“stracu”, ὄστρακον) tra le pietre, per creare elasticità; e le canne (“ncannucciata”) per le pareti divisorie.
Altri tempi.
Ulderico Nisticò