Qualche riflessione su Meridione e meridionalismo


 Spero che tutti conosciate i risultati; e ne segnalo questi: uno nettamente evidente, ed è che la Meloni sbanca nel Nord-Est, levandosi quindi la taccia di partito solo centromeridionale; e che il Meridione vede invece qualche risultato anomalo: il PD è il primo partito, anche se di strettissima misura; e il M5stelle, altrove in cachessia, se la cava. Da notare, nel complesso, un certo successo della sinistra a Napoli e in Campania. Il Meridione è un’eccezione in un’Europa nettamente a destra, e in Italia. In Calabria no, perché è nettissima la disistima nei confronti della Regione Calabria, che per due terzi della sua misera cronaca è stata (s)governata da sinistra e centrosinistra. Non che quelli che destra (???) siano stati meglio, ma oggi c’è Occhiuto.

 Si può leggere il dato Sud anche come un sintomo di insoddisfazione dei Meridionali, che, nella più totale assenza di un movimento meridionalista serio, si orienta, anche se quasi inavvertitamente, a sinistra.

 Il resto del Sud manifesta dunque un certo disagio. Attenzione a non cadere nelle vecchissime ideologie ottocentesche, quella liberale e quella marxiana, che capiscono solo economia; il che, tradotto in dialetto, significa “i sordi”. Il disagio è morale: è l’invecchiamento della popolazione; sono i giovani qualificati e ambiziosi che vanno dove possono affermare la loro personalità e professionalità; e non li alletta certo il “posto” al Comune, dove un ingegnere sta a timbrare cartacce e si scorda non solo la scienza delle costruzioni, ma anche le tabelline del mitologico Pitagora; e l’emozionante serata passeggiando sul Lungomare. Idem per un medico rimasto all’oscuro dei siderali progressi tecnologici delle attuali diagnosi e terapie e chirurgia. Idem per i professori, eccetera. Disagio sociale, esistenziale, senso di emarginazione dal mondo moderno.

 A nulla vale, anzi accresce la frustrazione, l’andazzo dei sedicenti meridionalisti e neoborbonici repubblicani (non scherzo!), che, ignorando totalmente la storia del mondo in generale, e quella dal 1815 al ’70 in specie, s’inventano ricchezze che mai furono e sognano dovizie che mai saranno; e cercano nemici su cui scaricare le cause/colpe [nota: è una cattiva eredità greca dei dialetti meridionali, la parola “aitìa”, che ha, confusamente e illogicamente, entrambi i significati assieme]; nemici di cui ignorano l’esistenza (ho dovuto costatare che ignorano Napoleone III, e di Vittorio Emanuele sanno solo che andava a donne; Cavour, boh!) tranne Garibaldi, che però per loro è come Sarancuni, mostro mitologico di Siderno mai visto da nessuno però temuto da tutti.

 Da ciò l’assenza di una lista, e, da qualsiasi altra presenza, dei vari Aprile, Ciano, Esposito, Patruno e altri onirici.

 Servirebbe un movimento meridionalista decente, con queste poche regole:

– lasciare la storiografia agli storiografi, cioè a quelli che sanno la differenza tra Magenta e magenta;

– stroncare con durezza i libri delle suddette invenzioni e di primati mai esistiti, e, le rare volte, sempre in edizione unica come gli uccelli meccanici di Archita, morto il quale a Taranto volavano solo i passeri;

– tenere convegni con uso esclusivo della lingua italiana, e non sproloqui in dialettaccio con la scusa dell’identità;

– nei detti convegni, limite di dieci minuti agli interventi nel senso di seicento secondi contati, poi spegnere il microfono;

– vietare sogni futuri e passati, e parlare di fatti concreti: la sola economia, la sola giustizia sociale è produrre le risorse attraverso il lavoro intelligenze; le risorse poi si distribuiscono da sole; quanto all’assistenza, va ridotta al minimo fisiologico.

Ulderico Nisticò