Quota 100 e i pensionati come lavoro


 Non mi azzardo in questioni tecniche, sicuramente per specialisti. Quello che ho capito, qualcuno, a 62 anni di età e con 38 di servizio, totale 100, se ne andrà in pensione.

 Questo qualcuno perderà qualcosa (vedi sopra, facendo i conti per mezzo di specialiti ) rispetto a chi andrebbe con 65 anni pieni di età e con le finestre e finestrelle della legge Niobe.

 Chi era Niobe? Una donna greca che, avendo offeso Latona, si vide uccidere i sette figli da Apollo e sette figlie da Artemide, e a forza di piangere, divenne una fontana! La Fornero, no? Ahahahahah!

 C’è chi è disposto a perdere qualcosa per andare in pensione a 62 anni? Stando ai numeri e ai soldi, nessuno; secondo un poco di antropologia elementare, tantissimi, e tantissimi non vedono l’ora.

 Lezioncina di antropologia. Tutti sappiamo che l’età media si è enormemente allungata. Sotto l’Impero Romano, il momento di maggiore prosperità e pace dell’antichità, era di 42 anni; oggi, almeno il doppio.

Una parentesi, resa necessaria da quello che ebbi la disgrazia di sentire anche da colleghi e persino da accademici: età media di 42 non vuol dire che a 43 morivano, ma che uno moriva appena nato, 0, e uno vecchio, 84; diviso due, 42. I calcoli sono molto più complicati, però l’esempio basti.

 Oggi ad 84 anni la gente è viva, e anche in discreta salute; e qualcuno, a forza di pillole, fa pure il galletto. Verissimo, l’età media, anzi l’età assoluta è molto cresciuta. E allora, perché non possono lavorare fino a 84 anni quelli che, con la pillola… Perché, se c’è una pillola per Venere, non ci dovrebbe essere anche una pillola per Atena e per Ermes e per Demetra?

 Ma è banale che non è così. E vi faccio un esempio. Io sono in pensione, con 42 anni di servizio, dal 2011; siamo nel 2019, e dall’11 ho pubblicato due o tre libri, centinaia di articoli, una ventina di spettacoli teatrali, conferenze, zappettate in campagna. Verissimo e documentabile: ma se io dovessi, oggi che è sabato, pensare che lunedì, alle ore… no, mi verrebbe l’angoscia. Io lunedì farò tantissime cose, ma liberamente e non ad orario.

 Ecco un bell’esempio di approccio antropologico ed esistenziale alla pensione. Del resto, fidatevi, l’argomento più diffuso nelle sale dei professori è il classico “quanto ti manca?”

 Come scrisse qualcuno, Lavorare stanca.

 Ma se uno perde soldi… fatevi due conti: basta che l’ufficio sia a 50 km., e vedete se non costa più degli 80 € che pare verrebbero meno.

 Torniamo all’antropologia. Se entro pochi anni andranno in pensione moltissimi sessantenni, ancora lucidi e vivaci, che faranno dalla mattina alla sera? Vero che tanti non facevano niente quando erano in servizio, figuratevi se faranno qualcosa in pensione! Chi non ha mai visto Roccelletta a vent’anni, non andrà certo a settanta; ma (quasi) ogni essere umano, insegna Aristotele, è portato a conoscere dalla natura. Via, la pensione può diventare occasione di vita.  Per altri, per i giovani, la pensione degli anziani può diventare un lavoro: una vera industria del tempo libero, con turismo, feste, conferenze, sport… Turismo che non è solo mettere la gente a sciacquarsi… Non pensate a male: quasi tutti i turisti soveratesi, e i soveratesi bagnanti, arrivano a stento alle ginocchia. Ma ci sono infinte altre forme di turismo, e una di queste è proprio quella della terza età.

 Insomma, non è che pensionato dev’essere per forza uno che dorme da quando si sveglia la mattina.

Ulderico Nisticò


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