Soverato – Gli Architetti Guido e Apicella ci scrivono sul progetto “Waterfront”


waterfront_soveratoGentile Direttore,
nei giorni precedenti il sito web che Lei dirige, con nostro interesse e attenzione, ha dato spazio al dibattito sui progetti elaborati per il cosiddetto waterfront di Soverato. La discussione è sempre un’iniziativa lodevole in quanto ha lo scopo di suscitare l’interesse e la partecipazione della cittadinanza che nei prossimi mesi vedrà e vivrà la trasformazione delle aree limitrofe alla spiaggia.
Il ripensamento del waterfront è progetto importante per la città ed il territorio perché ne ridisegna una parte e vuole consolidare maggiormente il ruolo di Soverato come centro dotato di nuove e moderne infrastrutture a servizio dei cittadini residenti e dei turisti.
Tra le diverse modalità destinate all’individuazione di un progetto valido ed efficace, ma soprattutto fattibile e sostenibile, l’amministrazione comunale, come noto, ha scelto la procedura dell’appalto integrato. Una scelta coraggiosa e significativa in un periodo di crisi economica e di sfiducia generalizzata nei confronti della politica.
Il merito degli Amministratori è stato di aver avuto il coraggio di non insinuarsi nelle pieghe normative del codice dei contratti e degli appalti al fine di controllare il processo decisionale per avere facili riscontri elettorali. Essi hanno nominato una commissione giudicatrice di profilo nazionale e hanno demandato totalmente alla commissione la scelta della proposta da premiare, affidandosi alle capacità scientifiche e tecniche dei suoi componenti. Un approccio che risulta intelligente, imparziale e che vuole assicurare il meglio per la propria città.
Per illustrare il nostro progetto in poche righe, vorremmo dire che, nel recepire le indicazioni poste a base di gara, ci siamo ispirati ad una filosofia sostenibile, tipica dell’approccio dei moderni architetti-paesaggisti.
Nell’elaborazione del progetto non ci siamo posti al tema pensando di fornire un mero “servizio” tecnico per la progettazione di una spianata da pavimentare, ma eravamo consapevoli di disegnare una parte importante di città che funge da anello di congiunzione tra l’arenile e l’abitato, ovvero tra il mondo naturale del mare e quello edificato dall’uomo, e che pone a contatto i residenti con i turisti. Nel dibattito seguente la pubblicazione dei risultati che hanno sancito la vittoria della nostra proposta, alcune critiche acute sono state rivolte al nostro indirizzo. Tra queste la curiosa accusa che il progetto da noi elaborato ostentasse abilità grafiche e rappresentative ritenute eccessive e svianti. Avremmo forse dovuto produrre degli elaborati di minore qualità per rendere il progetto meno comprensibile? Nel preparare le tavole di progetto abbiamo ritenuto di dover svolgere il compito della rappresentazione grafica al meglio delle nostre capacità, consapevoli che una buona rappresentazione è una parte ineliminabile di un buon progetto. Inoltre ci è sembrato doveroso presentare delle immagini sulle quali la commissione avrebbe potuto avere dei riscontri visivi immediati e su cui non era possibile avere fraintendimenti. In questo il nostro progetto si è distinto rispetto agli altri: non parla solo il linguaggio degli addetti ai lavori, utilizzando piante, sezioni, computi e altri elaborati tecnici, ma si sottopone all’immediato giudizio del pubblico attraverso i foto inserimenti e le ricostruzioni prospettiche che abbiamo sviluppato.
Il nostro intento è stato quello di definire e caratterizzare il waterfront come un elemento capace di stimolare lo sviluppo economico pur rimanendo un luogo a forte vocazione pubblica, nel quale si possa passeggiare, fare attività sportive e ludiche, nel quale incontrarsi a diretto contatto con la natura ed il mare. Il tema non era quello di costruire a ridosso dell’arenile nuovi volumi, cementificando le aree libere da costruzioni per creare nuovi spazi commerciali. Non era richiesto dal bando e non ci è sembrato utile proporlo. Abbiamo piuttosto concepito il paesaggio, il verde pubblico, come un veicolo economico. A Soverato le iniziative imprenditoriali non mancano, soprattutto per quanto riguarda il settore ricettivo-alberghiero e della ristorazione. Come stimolarle, come aiutarle? Oggi il nostro progetto offre a tutti, operatori economici e cittadini, qualcosa in più: uno spazio pubblico dove non sia necessario pagare un coperto o un biglietto per potervi sostare, un grande giardino urbano che mitiga l’inquinamento automobilistico, offre aria pulita e svolge una funzione didattica per i bambini, un arenile libero e non invaso da funzioni che richiedono complesse attività di gestione e manutenzione improponibili per un ente pubblico, spazi per spettacoli all’aperto, nuovi parcheggi. Abbiamo ritenuto infatti che la città non possa ridursi a diventare un centro commerciale pieno di negozi o funzioni a pagamento, poiché ci sembrava una visione riduttiva e speculativa che non abbiamo voluto seguire.
Tuttavia le aree che abbiamo predisposto possono essere facilmente utilizzate per fiere e altri eventi, possono essere occupate con piccoli chioschi e plateatici da affidare in concessione, e l’amministrazione potrà decidere di farlo senza snaturare il significato urbanistico che abbiamo voluto dare al progetto del waterfront. Gli esempi che hanno guidato il nostro progetto non mancano. L’idea di incernierare una parte di città su un parco urbano, ovvero su un’area a destinazione pubblica con percorsi pedonali zone ricreative e sportive immerse nel verde, deriva dalla tradizione ottocentesca del parco pittoresco, che ha trovato le sue più significative realizzazioni negli Stati Uniti con Frederick Law Olmsted (si pensi a Riverside Park e Central Park) e in Europa con Joseph Paxton che per primi individuarono le potenzialità –economiche, sociali, igieniche e spirituali- del “paesaggio” nei contesti urbani. La sinuosità delle pavimentazioni, il gusto per il segno fluido che abbiamo inserito nel progetto oltre a fare eco agli elementi naturali quali l’onda e la duna di sabbia, si ricollega alla significativa esperienza di Roberto Burle Marx per l’Aterro do Do Flamengo. L’idea che il verde possa costituire e diventare un’attrazione turistica, un luogo di socialità necessario alla pubblica salubrità, un ulteriore volano economico ci è stata confermata dalle esperienze portate avanti da eminenti progettisti come Pietro Porcinai, Gilles Clément, il teorico del Terzo paesaggio, il gruppo olandese West 8, Charles Jencks, Diler Scofidio+Renfro. Per questo motivo abbiamo cercato di introiettare le valenze estetiche e le premesse teoriche di precedenti sperimentazioni nella nostra proposta, rimodulando le soluzioni e adattando l’approccio sulla base dello specifico contesto economico e urbanistico di Soverato. Probabilmente è in questa ricerca, in questo tentativo di ricollegarci al dibattito internazionale, rifuggendo le soluzioni provincialistiche e localistiche, che la commissione ha individuato dei fondamentali requisiti progettuali di cui la città di Soverato deve dotarsi. Lo abbiamo fatto dall’interno e dall’esterno, cercando di immedesimarci nel punto di vista del residente e del turista, e abbiamo voluto immaginare che il waterfront possa costituire in futuro una “attrazione” urbana. La gente verrà a vedere questo parco sul mare che abbiamo pensato, si fermerà negli stabilimenti balneari, usufruirà dei bar, mangerà nei ristoranti, si fermerà negli alberghi. Questo è quello che abbiamo pensato e ci auguriamo che possa accadere. Nelle prossime settimane, vorremmo poterne continuare a discutere, tenendo conto delle alte premesse che ci siamo prefissati e rifiutandoci di dar seguito a polemiche sterili. Vogliamo coinvolgere più gente possibile in questo sogno, che contiamo possa essere l’obiettivo dell’amministrazione e l’aspirazione dei residenti.
Per questo siamo disponibili al confronto, magari in un ambito pubblico, per spiegare compiutamente il progetto e per recepire anche gli eventuali consigli che potranno emergere.

Arch. B. Marcello Guido e Arch. Vincenzo Apicella


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