Soverato, toponomastica “all’ammuzzu”…


…o, per gli amerikanomani, “casual”. Mi avvicina, ieri 22, un amico, parlandomi di una sua proposta di dedicazione di uno spazio pubblico tuttora anonimo. Io, per i motivi che esporrò più avanti, non posso farci nulla; però vi sottopongo alcune riflessioni.

 Chissà se da qualche parte c’è una delibera d’intitolazione delle vie e piazze a qualcuno o a qualcosa, fiori e alberi inclusi? Ne dubito moltissimo. E, infatti, la città brulica di luoghi intestati a immeritevoli e dannosi politicanti degli anni 1970-80; o a sconosciuti qualsiasi; o frutto di autoproclamazioni per mano di parenti; o trionfi della botanica… La via più lunga e popolata è dedicata a un Amirante che, ammesso sia nato a Soverato e non a Cardinale o viceversa, non ebbe mai niente a che vedere con Cardinale e Soverato; e non se lo fila nemmeno la diocesi di Napoli che lo dovrebbe canonizzare e non lo fa. Francesco Marini da Zumpano e fra Giacomo da Soverato hanno viuzze povere e ignote; e così, anzi peggio, accade a Cassiodoro e Pitagora. Del tutto assenti Mimì Caminiti, Mario Munizzi, Mimmo La Rosa… E non vi racconto che guerra ci volle per dedicare a don Gnolfo una vuota piazzetta! Il Gagini ha una ventina di metri quadri. In compenso, vanta una scuola e una via un tale Guarasci che, per il solo fatto di essere stato presidente della fallimentare Regione Calabria 1970-2022, dovrebbe essere solo dimenticato nei secoli.

 Da dove sono spuntate queste intestazioni e non intestazioni? Ma dal caso, da umori passeggeri, da poteri transeunti di partiti ormai spariti da decenni, da colpi di mano di privati… Né esiste una regola, né mai si vide una commissione per la toponomastica.

 Più esattamente, l’allora sindaco Gianni Calabretta ne costituì… beh, ne chiamò, perché una nomina non ci fu… una commissione. Non vi dico chi ne faceva parte, giacché i più sono defunti, e parce sepultis. Nell’unica seduta (solo in senso letterale, visto che ci sedemmo!) io proposi un regolamento duro e puro, che, ovviamente, cadde nel vuoto; mentre volavano le più simpatiche proposte, tra le quali ricordo una via a una femminista messicana sconosciuta anche a chi la proponeva; e un’altra a un personaggio protagonista di cronache ma allora vivo… anzi, vivo tuttora, e gli auguro altri cent’anni. Di fronte a tale esaltazione della fantasia al potere, Calabretta sciolse… no, non sciolse perché non l’aveva mai legata, la sfortunata commissione; e sui nomi dei luoghi (toponomastica) tornò a dilagare la soveratese anarchia.

 Oggi è difficile intervenire, perché il mutamento di denominazione di un luogo pubblico comporta un bel po’ di impicci anche per i residenti; e ci vorrebbe (in tutta Italia) una deroga alla burocrazia e relative spese. Ma almeno un regolamento che ci salvi, in futuro, da via Pinco e via Pallino simpatici a qualcuno… a cominciare dal rispetto della legge del 1927 che impone passino dieci anni dalla morte del candidato. E già… se nel frattempo si scopre che il santo o l’eroe, invece… ahahahahahah! E si sa che, il giorno delle esequie sono tutti buoni e importanti e “solari”; dieci anni dopo, bisogna vedere se se li ricorda qualcuno. Una legge fatta bene… anche se (che brutta cosa l’onestà intellettuale dello storico!) la violarono più di una volta anche all’epoca!

Ulderico Nisticò