Squillace – Accogliere il popolo ucraino in fuga, la chiesa al centro di progetti di comunità


Riflessioni e proposte del sociologo Franco Caccia assessore alla programmazione del comune di Squillace. 

Una guerra all’inizio del 2022, specie dopo le pesanti conseguenze, sociali ed economiche causate dal covid a tutto il mondo, si palesa come una realtà ai più incomprensibile. Di fronte alle crude immagini, provenienti dal fronte, si generano emozioni discordanti: forte sdegno nei confronti degli invasori e profonda vicinanza verso il popolo ucraino, finora lasciato solo a contrastare la follia del dittatore russo.

E’ partita, anche in Calabria, una catena di solidarietà che, grazie anche all’impegno di organizzazioni umanitarie certificate, consentirà di far arrivare alle vittime della guerra i primi ed indispensabili aiuti. Bisogna però, da subito, pensare ai bisogni della seconda fase. Sono in tanti, specie tra le fasce deboli del popolo ucraino: bambini, donne, persone anziane, che esprimono la necessità di fuggire dal loro paese.

E’ pertanto quanto mai urgente pensare ad accogliere, presso le nostre comunità, nuclei di famiglie ucraine, in modo da consentite loro di vivere in ambienti sicuri e di fruire dei supporti necessari per superare questa difficile fase. L’iniziativa promossa in questi giorni dal presidente della giunta regionale della Calabria, Roberto Occhiuto, di reperire risorse da destinare ai comuni disposti ad accogliere i profughi ucraini è senza dubbio lodevole.

Comprendiamo bene però che i tempi per avviare tutte le procedure per l’ospitalità non saranno brevi. Bisogna pertanto, contemporaneamente, pensare a soluzioni alloggiative “chiavi in mano”. Sono già diversi i parroci e le comunità di religiose che, anche in Calabria, hanno già aperto le porte delle loro sedi per accogliere gruppi di ucraini in fuga. Gesti di una solidarietà concreta che hanno contribuito a rivitalizzare persone e comunità.

In tal senso sarebbe un bel gesto avviare un progetto di accoglienza, di tipo comunitario, nella città di Squillace, già sede della prima diocesi della Calabria. Il neo vescovo, mons Claudio Maniago, fin dai suoi primi interventi dal recente insediamento, ha chiaramente manifestato l’idea di una chiesa fattiva nonchè promotrice di unità e coesione delle comunità diocesane.

La disponibilità a Squillace di alcuni idonei locali di proprietà della diocesi, in precedenza occupate da religiose che, di recente, sono state destinate ad altra sede, potrebbe rappresentare la base su cui costruire un progetto di accoglienza integrato a cui potranno dare il loro concreto contributo le diverse risorse presenti nel contesto cittadino, tra cui una vasta rete di associazioni con competenze ed esperienza sia nel campo socio-assistenziale, quanto in quello culturale e dello sport; istituzioni pubbliche, cittadini.

La presenza inoltre di diverse persone, provenienti dall’ Ucraina, arrivate a Squillace per svolgere attività di cura per persone anziane, potrebbe essere valorizzata allo scopo di favorire i processi di integrazione, linguistico e culturale, ed avviare le diverse attività di accoglienza nel modo migliore. Come spesso capita, fare del bene rafforza i singoli ed aiuta a diffondere nelle comunità protagoniste una maggiore coesione finalizzata al bene comune.