Stavolta sono d’accordo con la Regione…


Dipinti della Chiesetta del Campo a S. Andrea

…e con Rosario Varì, assessore regionale allo Sviluppo economico e attrattori culturali, il quale propone il riconoscimento di cinque siti calabresi da parte dell’Unesco: Battistero di Santa Severina; Cattolica di Stilo; Gerace; San Giovanni Teresti di Bivongi; San Marco di Rossano. È una scelta oculata e coraggiosa, e non il solito dare tutto a tutti, che in pratica significa niente a nessuno.

 Quei luoghi hanno in comune la natura bizantina. Io amo dire romea (ʹΡωμαῖοι, Romani si chiamavano i sudditi dell’Impero Romano d’Oriente, per quanto di lingua greca); ma non sottilizziamo. Diciamo brevissime parole sui siti, giacché ci vorrebbe molto più spazio, e del resto esistono molti studi specialistici; manca la divulgazione.

Il Battistero di Santa Severina è memoria di quando la città era Metropolia di pari dignità di Reggio e della stessa Costantinopoli; la cupola ottagonale, e la stessa stilizzazione in quattro bracci, hanno un evidente valore simbolico nel tentativo umano di misurare con geometria quello che non è misurabile: il cerchio, figura di Dio. Ma Santa Severina ha molto altro di romeo.

 La Cattolica di Stilo, pur modificata, e San Marco di Rossano, richiamano modelli orientali; e la storia di Rossano e di Stilo è un esempio del difficilissimo passaggio dal mondo romeo a quello latino tra XI e XV secolo; San Giovanni Teresti di Bivongi consente di studiare il complesso fenomeno del monachesimo greco di obbedienza romana, e la formazione delle tradizioni religiose; Gerace è uno scrigno di storia e arte dai tempi di Locri classica a un non comune modello di conservazione della memoria e del patrimonio.

 Unesco o no, la Calabria mostra qualche altra traccia del lungo periodo dell’Impero d’Oriente: Affresco di Caulonia [Castelvetere]; Chiesa di Sotterra a Paola; Chiesetta del campo a Sant’Andrea; Cropani e Ginecocastro (Belcastro); Necropoli di Scolacium; San Gregorio e Panajia, e il Castrum a Stalettì; Santa Maria di Tridetti; Seminara…

 Questi cenni riguardano il patrimonio materiale. Poco e male si conosce il patrimonio culturale: il greco (generalmente romeo) nel dialetto, circa il 20%; molto di più, il greco della toponomastica soprattutto prediale; e l’agiografia fatta in gran parte di santi greci. Ma in sei secoli di Impero, e altri di cultura greca, ci fu un amplissimo quadro di politica, amministrazione, storia militare (i paesi collinari altro non sono che “kastellia” di Niceforo II), cultura.

 Questo, e molto altro. Accolgo dunque con vivo interesse questa nuova attenzione alla Calabria romea; o bizantina che dir si voglia, ma a patto di dimenticarsi di Voltaire. Al quale faccio notare che il regno di Carlo Magno durò, in tutto, una trentina d’anni, e quello dei, secondo lui, corrotti e malati “bizantini”, mille e duecento; Calabria inclusa.

 Complimenti, intanto, all’assessore Varì.

Ulderico Nisticò