Una piazza ai Bersaglieri massacratori


crotone2A Crotone è stata inaugurata piazza “Bersaglieri d’Italia” con cerimonia semplice ma toccante e alla presenza di autorità civili e militari. Chissà che ne pensano i cittadini di Belvedere Spinello, quelli almeno che ricordano la notte del 12 luglio 1861 quando i bersaglieri d’Italia, nel caso in specie piemontesi, diedero fuoco al paese e non certo per scaldarsi, stante la stagione estiva. La causa del vile attacco fu la presenza di partigiani borbonici, quelli che chiamavano briganti, che non sopportavano l’occupazione della propria terra da parte dei piemontesi e che per questo reclutavano gente per combatterli. I “briganti”, in quei giorni, avevano occupato un palazzo di proprietà del principe filo-borbonico Ercole Giannuzzi Savelli, che sorgeva a Spinello al centro del borgo, ma la loro presenza fu portata a conoscenza di un distaccamento di bersaglieri di stanza a Caccuri, a pochi chilometri di distanza. Senza perdere tempo, i “fratelli” piemontesi calarono come Unni sul paese e attaccarono la gente del luogo armata di bastoni e della fede nella libertà della propria terra. Iniziati in località Hypso, poi detta Gipso, gli scontri divennero feroci man mano che ci si avvicinava al centro del borgo di Spinello, che alla fine i piumati bersaglieri d’Italia misero a ferro e a fuoco iniziando proprio dal palazzo del Principe. Il borgo di Spinello andò completamente distrutto dall’incendio e a sera le fiamme erano ancora visibili dai paesi vicini, che rimasero sconcertati e timorosi di ricevere lo stesso trattamento. Chiaramente con quell’azione, si volle dare un esempio a tutti coloro che nel crotonese avevano ancora nostalgia del passato governo e nutrivano sentimenti antipiemontesi. Per fortuna o per volontà di Dio, il numero dei morti non fu altissimo perché la maggior parte della popolazione in preda al panico riuscì a mettersi in salvo fuggendo attraverso un sentiero che costeggiava un dirupo e riparando nel Santuario della Madonna della Scala, cui da allora tutto il paese rimase assai devoto. Tale episodio, mi pare sia ricordato ogni anno da autorità religiose e comunali di Belvedere Spinello che sicuramente non intendono rinnovare rancori e odi ma nemmeno far cadere nell’oblio quanti orgogliosamente lottarono e dignitosamente tentarono di difendere la propria casa, famiglia e paese da gente straniera. Il mese successivo, precisamente il 14 agosto 1861, per vendicare la morte di circa quaranta commilitoni caduti parte in uno scontro a fuoco coi “briganti” e parte fucilati successivamente, due reparti di bersaglieri su ordine del generale Enrico Cialdini raggiungono i due paesi di Pontelandolfo e Casalduni e li devastano col ferro e col fuoco. Mentre la maggioranza degli abitanti di Casalduni erano riusciti a fuggire e mettersi in salvo alla notizia dell’arrivo delle truppe, i cittadini di Pontelandolfo furono sorpresi nel sonno e massacrati indiscriminatamente: donne, uomini, vecchi e bambini. Innanzi tutto, furono assaltate le chiese, quindi si saccheggiarono e incendiarono le case con le persone che ancora vi dormivano. In alcuni casi, i bersaglieri fecero una sorta di tiro al piccione sparando ai civili appena questi uscivano in strada per sfuggire all’incendio. Fucilati gli uomini non senza prima averli torturati, i bersaglieri seviziavano e violentavano le donne, uccidendole subito al primo accenno di ribellione ai loro turpi desideri. Carlo Margolfo, uno dei militari che faceva parte delle truppe di rappresaglia, scrisse nelle sue memorie:”Al mattino del giorno 14 riceviamo l’ordine superiore di entrare a Pontelandolfo, fucilare gli abitanti, meno le donne e gli infermi (ma molte donne perirono) ed incendiarlo. Entrammo nel paese, subito abbiamo incominciato a fucilare i preti e gli uomini, quanti capitava; indi il soldato saccheggiava, ed infine ne abbiamo dato l’incendio al paese. Non si poteva stare d’intorno per il gran calore, e quale rumore facevano quei poveri diavoli cui la sorte era di morire abbrustoliti o sotto le rovine delle case. Noi invece durante l’incendio avevamo di tutto: pollastri, pane, vino e capponi, niente mancava…Casalduni fu l’obiettivo del maggiore Melegari. I pochi che erano rimasti si chiusero in casa, ed i bersaglieri corsero per vie e vicoli, sfondarono le porte. Chi usciva di casa veniva colpito con le baionette, chi scappava veniva preso a fucilate. Furono tre ore di fuoco, dalle case venivano portate fuori le cose migliori, i bersaglieri ne riempivano gli zaini, il fuoco crepitava.”

Adriano V. Pirillo


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