Premessa: compito della storiografia seria è proprio il revisionismo di qualsiasi notizia scritta su qualsiasi libro. Giusto e sacrosanto: solo gli storici patriottici francesi esaltano Austerlitz e fanno finta di non conoscere Mosca, Lipsia, Waterloo; e spacciano Napoleone Buonaparte per Napoléon Bonapart[e].
Seconda premessa: il risorgimento è stato criticato subito subito e a cose fatte. Ci furono i nostalgici dei piccoli e medi Stati: quelli della “Toscanina”, i soldati del duca di Modena, i fedeli sudditi di Pio IX, i piemontesi che volevano mantenere Torino capitale, i marinai austro-veneti di Lissa… Sul versante democratico, i mazziniani che volevano la repubblica e non il re; i garibaldini protestatari come Stocco e Cefalì. Sul versante patriottico e dell’incipiente nazionalismo, i carducciani delusi delle sconfitte e speranzosi di Impero Romano… Le critiche vennero espresse in varie forme, e in particolare con il Verismo, che esaltò le realtà regionali e studiò le condizioni reali della popolazione, cattive anche dopo il 1861!
I tentativi di esaltare il risorgimento non ebbero grande successo, a parte monumenti e intitolazioni di vie ad eroi rimasti quasi sempre ignoti ai passanti e ai residenti. Esempio nostrano, la battaglia di Soveria Mannelli con monumento in loco e una caserma a Catanzaro, mentre tutti sapevano non essere stato sparato un colpo.
In verità, l’unificazione del 1859-70 fu fatta a colpi di mano e di astuzie. Eh, ma il Piemonte non era la Prussia, che, con le sue sole potentissime forze, sgominò nel 1866 tutti i Tedeschi, Austria in testa; e nel 1871 la Francia, e il re di Prussia fu proclamato imperatore nella capitale e reggia del nemico secolare. Quello era il Piemonte, e Cavour ne era consapevole, e cercò aiuto a Napoleone III, vendendo Savoia e Nizza.
Sì, ma gli altri Stati italiani, che fecero? Un bellissimo nulla né pro né contro. Meno che meno il Regno delle Due Sicilie, che pure si estendeva su un terzo del territorio e contava dieci milioni di abitanti. Nulla fece quando Cavour partecipò alla Guerra di Crimea, e nel Congresso di Parigi parlò sfidando Austria e il resto d’Italia. Nulla quando Francia e Piemonte conquistarono la Lombardia, eccetera… Nulla per fermare Garibaldi, mentre tutti i giornali d’Europa riferivano la notizia che stava partendo e non di notte. Nulla per impedirgli di entrare, comodo comodo in treno, in una Napoli abbandonata da Francesco II, e abbastanza indifferente all’uno e all’altro.
L’insurrezione popolare, detta poi brigantaggio, scoppiò in alcune aree interne, sia contro l’esercito sardo, poi italiano, sia, anzi soprattutto, contro i borghesi di paese, malamente organizzati in Guardia Nazionale. Credo basti il bel film di Squitieri per delineare che fu una guerra contorplicata e di tutti contro tutti, con le bande di insorti senza coordinamento, e con un esercito non preparato alla guerriglia.
Accaddero episodi sanguinosi. L’esercito conterà più morti nel Meridione che nelle tre guerre d’indipendenza, ma non perché molti morti, ma perché i fatti furono pochi e di scarso rilievo anche nelle tre guerre. Non esito ad affermare che tutte le guerre europee dal 1815 al 1914 messe assieme provocarono meno morti e feriti della sola epica battaglia di Gettysburg durante la guerra civile americana 1861-5.
La repressione dell’insorgenza e del brigantaggio ebbe momenti di ferocia. Siccome i meridionalisti della domenica pensano in dialetto e non traducono ma translitterano in italiese, ecco parole come “massacri” e “genocidio”, o, ridicolmente, “genocidi”, plurale. I dialetti meridionali sono barocchi, e per dire “mal di testa” si piange “staju morendu”: non so se è chiaro. Non inventatevi stragi!
Buffi sono i conati di arruolare i briganti a sinistra e spacciarli per democratici e repubblicani. Tutto voleva un brigante, tutto voleva una brigantessa tranne che terra da dover lavorare… o un posto fisso di bidello al comune. Erano gli ultimi barbari ed eroi mitologici, e, purtroppo, non hanno lasciato eredi.
Il RDS praticava il protezionismo, esportando derrate di scarso valore aggiunto come mosto, olio da ardere e grano; e qualche prodotto industriale; accumulava così denaro, che, non speso, stava a fare la muffa. Esempio: faraonici progetti di ferrovie, e, nel 1860, una ferrovia effettuale di 99 km, metà dello Stato della Chiesa e un decimo del Piemonte. Mancavano i soldi? No, era la solita indecisione meridionale, con il solito sindaco che chiedeva di cambiare il percorso per avere la stazione sotto casa dell’amante: ogni riferimento all’autostrada cosentina è palesemente voluto. Ferdinando II dava retta ai capricci, invece di fare il tiranno come poteva e non fece, e sbattere nel più buio carcere del Reame baroni e sindaci sollecitanti. Tra il 1865 e il 76, lo Stato unitario tracciò la Bari Reggio; qualche anno dopo, la linea tirrenica.
La gente del Sud campava, generalmente senza soldi, che non avevano nemmeno i ricchi; però campava. L’unificazione politica, se fosse stata compiuta come confederazione, avrebbe dovuto preservare le frontiere interne almeno due o tre decenni; ma i liberali meridionali, imbottiti di filosofia superficiale e incapaci di senso pratico (pure nel 2023!!!) si lasciarono annettere senza battere ciglio.
Così andarono i fatti. Ma dilagano fasulli storici ciuchi e asini, che pretendono di giudicare ignorando, e lo dico alla lettera per prove provate, l’esistenza stessa di Napoleone III e di Cavour, e di Vittorio Emanuele II sapendo solo che andava a donne. La Prussia? Mai sentita nominare.
Ecco cosa bisogna vietare per legge: che parlino di storia quelli che non ne sanno un accidenti di nulla; e pensano che la storia del Pianeta sia iniziata l’11 maggio 1861 a Marsala. Sui social, non si può vietare. Ma quando apprendo che delle scuole invitano di simili somieri, e i ragazzi (e meno male che intanto giocano con il cellulare) devono sentire fanatiche urla di “ci hanno arrubbate” ed “eravamme ricche”(in napoletano dei bassi), allora deve intervenire l’autorità scolastica, assicurare il contraddittorio serio, e pretendere che chi parla abbia i titoli per dire qualcosa; titoli che non siano aver letto Pino Aprile o Ciano o altri arruffapopolo; ma almeno sapere cosa successe in Europa e in Italia a metà del secolo XIX.
Se io fossi il preside, prima di ammettere l’imbonitore gli domanderei: “Per favore, Magenta”, maiuscolo; e accortomi che pensa a magenta minuscolo, il colore, chiamerei il bidello per farlo mettere alla porta.
Non si tratta di un contrasto fra idee, sempre benefico a scuola, o di salutare revisione storiografica; ma di piatta ignoranza, che a scuola non deve entrare.
Ulderico Nisticò