Come si evince dalla foto, abbiamo pareggiato fuori casa, che, nella media inglese, sta bene. Abbiamo, chi? Ma la nostra squadra andalusa, quella del paese di Santa Eufemia, dove tutto è “calabrès”: la festa, la cavalcata, le confraternite, l’olio, e, non poteva mancare, la squadra di calcio.
Che ci facciamo, nella lontana Spagna? Ve l’ho raccontato più volte, e perciò basta un riassunto. Ai tempi del re Alfonso VII di Castiglia, contemporaneo del nostro re Ruggero II (1130-54), uno squadrone di cavalieri calabresi, formato da trentatré uomini, assalì e conquistò un castello moresco: il loro grido di guerra era “Sant’Eufemia”, e Santa Eufemia si chiama il paese spagnolo da loro fondato. Dopo tanti secoli, non sono stati dimenticati.
In Spagna, non sono stati dimenticati: in Calabria, li ignorano. Orbene, l’ignoranza è umana, ma l’ostinazione a non voler imparare è diabolica.
Eppure, accadde che il mio amico e camerata sessantottino Angelo Iurilli scoprisse la cosa e me ne facesse parola; e l’associazione Calabria – Spagna di Reggio se ne fece carico con la presidente Rosa Fontana; e l’amico spagnolo José Ramón Santos Español ci tiene informati anche delle sorti calcistiche. Nel 2014 uscì, a Santa Eufemia, un bel numero unico, con un mio dettagliato articolo ben tradotto da Iurilli.
A chi, invece, non interessa? Presto detto:
- Alla Regione Calabria e al suo assessore alla cultura, Oliverio;
- Ai Comuni di Sant’Eufemia d’Aspromonte e Lamezia T., da dove, o l’uno o l’altro, potrebbero essere venuti i valorosi combattenti;
- Alle relative Province;
- Alle Università, tutte prese dalla Pedagogia della R-esistenza: non scherzo!
- Alla cultura in genere.
Perché non interessa? I motivi sono due:
- Ignoranza generica;
- Il fatto che i cavalieri calabresi non fossero né depressi né lacrimogeni né malati né assassinati né niente di tutto quello che, per la cultura calabrese, deve fare un calabrese: piangere, possibilmente in dialetto.
Volete che si curino di eroici combattenti, quelli che sui singhiozzi hanno costruito la loro carriera? Volete che badino a trentatré teste matte che invece di “fuggire dalla guerra” partirono fischiettando per farla, e pure la vinsero.
La vinsero? Ragazzi, è troppo! Se ancora ancora avessero preso legnate… beh, eravamo a posto con la macchietta del calabrese brutto e disertore: ma andare in Spagna, battere i Mori e farsi ricordare nei secoli… No, per il calabropsicotico è davvero superiore alle sue debolissime energie fisiche e morali, e rischia non vincere il premio letterario “Tristezza”, con lauto premio in denaro.
Io intanto faccio il tifo per la nostra squadra spagnola. Olè!
Ulderico Nisticò