A proposito di funerali e politici ciechi sordi e muti


articoliutenti1Quando si hanno in mano le redini del potere, la distinzione ideologica -oggi già di per sé relativa- non ha alcun significato perché chi è al governo della “res publica” ragiona con una logica diversa ed uguale, nel senso che destra o sinistra si emulano e si equivalgono. La differenza si nota soltanto quando si è all’opposizione, allorché pregiudizialmente si boccia e si controbatte ogni decisione ed iniziativa della maggioranza. Salvo, poi, a farle proprie, se e quando si passa ad avere le leve del comando, nelle cosiddette stanze dei bottoni. Alla figura dei nostri politici, senza distinzione di sesso, religione ed appartenenza, calza a pennello una descrizione dei “Caratteri” del filosofo greco, allievo di Aristotele, Teofrasto (370-286 a.C.), laddove parla dell’ipocrisia umana e della simpatia per i delinquenti, quelli stessi che a volte quasi si giustificano perché “danno lavoro” alla gente. Voglio precisare, a proposito delle presenti citazioni, che la mia è una libera traduzione del testo greco. “La persona falsa loda davanti chi di dietro ha fatto a pezzi ed esprime la sua partecipazione a chi ha avuto la peggio nell’agone politico o in tribunale. Mostra quasi compiacenza con chi sparla di lui e per le brutte cose dettegli contro. Alle persone che hanno subito un torto e sono arrabbiate, mostra comprensione e parla in modo mite. Se uno ha premura di parlargli, gli fa dire di passare in un altro momento. Non dichiara apertamente ciò che sta facendo, ma dice che ci sta ancora pensando; suoi atteggiamenti di prammatica, sono di fingere sempre d’essere appena arrivato, di aver fatto tardi, di non sentirsi bene…Qualunque cosa abbia sentito, nega; qualunque cosa abbia visto, sostiene che non lo ha visto. Se ha fatto un’affermazione, dice di non ricordarsene. Di certe cose, afferma che ci sta pensando, di alcune che non sa bene, di altre che è proprio una sorpresa, di altre ancora che quella era proprio la sua idea. Soprattutto egli è specialista nell’usar frasi del genere: <<non capisco proprio, sono stupefatto, sei tu a dire che la cosa è andata diversamente, questo a me non lo ha proprio detto, la cosa mi sembra paradossale>>. Stando così le cose, è inevitabile che la criminalità alzi la testa, con una serie di minacce ed attentati che sembrano quasi dei messaggi indirizzati anche a certi politici, forse non molto accorti in tempi d’elezioni in fatto di promesse. “La simpatia per i delinquenti – traduco ancora da Teofrasto- è un desiderio di bassezza morale; l’uomo che ha simpatia per i furfanti è un tale che cerca d’avvicinare e praticare persone sospette o pubblicamente ritenute “mafiose”, in modo da apparire più esperto della vita, più temibile e più degno di “rispetto”…Chi cerca l’amicizia dei delinquenti, fa finta di credere che i fatti delittuosi attribuitigli siano delle falsità, ed asserisce che si disconoscono certi suoi pregi, perché, secondo lui, egli è fornito d’ingegno ed è sempre pronto a soccorrere gli amici. E quando il delinquente, mascherato da politico, parla in Consiglio o si difende in tribunale, lo favoreggia, ed è capace di dire ai giurati che <non si deve giudicare la persona, ma la cosa >. Anzi, il politico che cerca l’amicizia dei delinquenti è addirittura capace di ritenerli difensori del popolo, che fanno la guardia contro di chi tenta di sopraffarlo, sostenendo perfino che senza di loro non ci sarebbe nessun altro in grado di difendere gli interessi comuni. Né il politico corrotto alla furfanteria ha scrupolo di prendere le difese di mascalzoni, grandi e piccoli, e di far camorra ed imbrogli vari per loro, al punto d’apparire anzi come amante della democrazia, oppressore ed oppresso allo stesso tempo. Il politico, ancora secondo Teofrasto, ama l’amicizia complice dei furfanti anche perché ha paura di essere denunziato dagli avversari per il suo comportamento equivoco, che spesso si trasforma in una soap opera di qualità sempre più commerciale e scadente, un vivere quotidiano che si trascina troppi interrogativi di senso e d’identità, nell’oppressione del disgregamento degli antichi valori, soppiantati da quelli moderni rappresentati dal denaro.

 

 

Adriano V. Pirillo


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