Auguri agli Stefano e Stefania


Santo Stefano d’Ungheria

 Santo Stefano è il Protomartire, e uno dei primissimi cristiani oltre la cerchia di Cristo in senso stretto. Come spesso troviamo nei Vangeli e Atti, e presso gli storici laici di quei tempi, anche il suo è un nome greco: Στέφανος, da στέφω, intrecciare, e significa Corona. Il cristianesimo nasce, infatti, in un’ambiente in cui coesistono, spesso conflittualmente, le reminiscenze dell’ebraismo, il giudaismo e notevoli apporti di ellenismo: versione della civiltà greca con sincretismi orientali; senza dimenticare l’uso ufficiale, e indiscusso, della lingua latina. Nel cristianesimo rimangono le tradizioni bibliche ebraiche, mentre netta è la separazione dal giudaismo; e la lingua di diffusione della Fede sarà il greco.

 La pia leggenda volle che, quando le donne portavano i loro figli al Bambino, una di loro, sterile e triste, fingesse di averne uno con un involucro di panni; e Gesù lo trasformò in un bimbo. Il primo dei Martiri, Stefano, è dunque anche l’oggetto del primo miracolo.

 Il nome è diffuso, anche al femminile come Stefania.

 Vogliamo dedicare qui doveroso spazio a uno Stefano di grande rilievo storico, la cui vicenda – meditate! – spiega anche molte, moltissime cose di storia contemporanea.

 Gli Ungari, o Magiari, erano una popolazione uralo-altaica, appartenente a una vasta ondata migratoria dall’Asia Centrale, dal V secolo, ed è significativo che, nel mito germanico, la sede di Attila sia Tulna nell’attuale Ungheria; e lì, per l’atroce vendetta di Crimilde, vengono sterminati tutti gli eroi, tranne Teodorico.

 La lingua ungherese è agglutinante, e della stessa origine del finlandese, dell’estone e del turco. Nel X secolo l’invasione fu accompagnata da feroci devastazioni, cui posero fine, sul campo, gli imperatori del Sacro Romano Impero di Nazione Germanica; e i missionari cattolici.

 Fu per loro opera che il principe Vajk, discendente dal mitico Arpad, divenne cristiano e István király, “re Stefano”, o Szent István, “Santo Stefano”, come venne proclamato da papa Gregorio VII nel 1083, poco dopo la morte. Il titolo regio fu, e rimase fino al 1918 e ufficialmente fino al ’45, di “Re Apostolico”.

 Da allora, gli Ungheresi divennero cattolicissimi e di cultura latina. Il Regno si estese, con vari momenti, alle attuali Ungheria, Croazia, Slovacchia, Transilvania, Fiume…

 La sua storia s’intreccia con quella del Regno che per brevità e dal 1282, chiamiamo di Napoli. Carlo II d’Angiò sposò Maria d’Ungheria, e ne nacque Carlo Martello, cui Dante, con un preciso progetto politico (ma ne parliamo un’altra volta), dedica l’VIII del Paradiso. Gli Angiò d’Ungheria si estinguono in gloria quando, il 29 agosto 1526, Luigi II cadde combattendo a Mohács contro i Turchi, poi conquistatori anche di Budapest. I pochi nobili rimasti indipendenti elessero re Ferdinando d’Asburgo, fratello di Carlo V. Gli Asburgo e Asburgo Lorena saranno “Re Apostolici” fino al 1918.

 Spero che qualche lettore attento si stia facendo delle idee corrette dell’Ungheria del 2023, comprendendone le profonde radici e tradizioni cattoliche e latine; e la sua volontà di non modificarle. Potete essere d’accordo, come sono io, o contrari; ma dovete capire, e non buttarla il politica spicciola!

 Torniamo a noi. Giovanna I, regina sovrana di Napoli, sposò il parente Andrea (András) d’Ungheria, detto dagli Italiani Andreasso, il cui misterioso assassinio, nel 1345, scatenerà guerre civili e un’invasione ungherese.

 Giunsero nel Meridione degli Ungheresi per ragioni meno ostili; e c’è chi pensa a Lungro abbia nome da loro. Erano infatti minatori. Troviamo una chiesa degli Ungheresi a Polistena. E c’è il cognome Andreacchio.

 Auguri ancora a Stefano e Stefania, e all’Ungheria.

Ulderico Nisticò