Cassazione penale: spiare moglie e figli con la telecamera in casa è reato


Installare telecamere che registrano gli atti di vita privata degli altri conviventi è interferenza illecita

Nell’era di internet e delle nuove tecnologie tutto è molto semplice: non solo le attività lecite, ma soprattutto quelle illecite. Questa facilità ha generato maggiore disinvoltura nelle violazioni della legge rendendo ancor più labile rispetto al passato la percezione che l’uomo medio ha della legalità. Tale nebulosa concezione dei rapporti tra privati si estende anche nell’ambito familiare.

Non sono pochi i casi di matrimoni che finiscono per un tradimento online o per colpa della semplice sfiducia degenerata in vere e proprie attività investigative. Scoprire un tradimento con una telecamera è un gioco da ragazzi, ma non è detto che le prove così acquisite possano essere poi utilizzate in processo.

Questo perché chi viola la privacy non può poi avvalersi del frutto di tale attività neanche per far valere un proprio diritto. Infatti, compie reato il marito che spia la moglie e i figli quando non è in casa, grazie alle telecamere che ha nascosto nei locali. Quando vengono riprese e registrate scene di vita privata, infatti, il delitto di interferenza illecita si configura anche se chi ha installato l’impianto nascosto è una persona che vive nello stesso appartamento, a condizione che l’autore della condotta non compaia nei video: diversamente l’atto di vita privata appartiene anche a chi l’ha registrato; così come anche l’eventuale consenso delle persone immortalate esclude il reato di cui all’articolo 615 bis Cp.

E se il marito sospetta che la moglie maltratti i figli non può che rivolgersi all’autorità giudiziaria. È quanto emerge dalla sentenza 4840/24 pubblicata il 2 febbraio 2024 dalla quinta sezione penale della Cassazione. Diventa definitivo il sequestro disposto sulle tre mini-telecamere che l’uomo quando viveva in casa ha nascosto nei sensori del sistema dall’allarme e sulla centralina per la registrazione delle immagini.

È ormai guerra fra marito e moglie: si denunciano a vicenda per maltrattamenti anche sui figli minori. E dalla controdenuncia dell’uomo, oggi indagato per la violazione della privacy, la signora scopre che il marito la stava registrando di nascosto: i file sono allegati all’atto giudiziario.

Allora fa bonificare l’abitazione e scopre l’impianto, che invece ha sempre ritenuto collegato all’antifurto. Il consulente tecnico incaricato dal pm si limita a confermare la presenza del sistema di registrazione. Ad avviso del Collegio di legittimità, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Non giova alla difesa dedurre che quando le videocamere sono state installate lo stesso indagato vivesse nella casa. Neppure al convivente è consentito registrare di nascosto, a meno che l’autore della condotta non compaia nei video: le frasi registrate all’insaputa dell’interlocutore, ad esempio, costituiscono prova documentale se sono prodotte da chi è presente alla conversazione.

È escluso, infine, che le frasi registrate dall’uomo dimostrino il consenso della moglie alle riprese video: emerge solo come la donna sia convinta che le telecamere entrino in azione in caso d’intrusione per riprendere eventuali ladri all’opera. Né ci sono elementi tali da dimostrare che sia stata la persona offesa a modificare lo stato dei luoghi, inquinando la prova.”