Due anni di non-guerra


 “O gran bontà dei cavalieri antiqui”, canta l’Ariosto. Nel Medioevo, e ancora fino all’involgarimento sanculotto, i re europei, del resto tutti parenti tra loro, quando volevano farsi una guerra inviavano ambasciatori con un documento presentato durante una lauta cena con ballo; i cavalieri, del resto imbullonati come scatole di tonno e con sporadica probabilità di farsi male, si affrontavano in campo aperto, e il giorno dopo si firmava – beh, qualche raro dotto firmava un trattato di pace; i re, beati loro, erano analfabeti, e perciò non influenzati dai giornali. Credevano ai profeti, è vero, ma solo quando faceva comodo. I poeti di corte, non profumatamente pagati, cantavano le gesta, bene inteso debitamente esagerate, e solo i professori accademici scambiano le poesie per prove scientifiche.

 Oggi, 24 febbraio, fanno due anni che sul Don succedono delle cose che nulla hanno a che spartire con i bei modi di quei nobili tempi. In Russia, per esempio, è reato dice guerra, e bisogna ricorrere alla curiosa perifrasi di operazione militare speciale. La Russia è fatta oggetto di severissime sanzioni economiche, delle quali è palese che se ne impipa. L’Ucraina annunzia sfracelli e una controffensiva da fare invidia a Scipio[ne]; e poi non succede niente. Tutto l’Occidente sta con tutto il cuore dalla parte di Zaleski, però Putin non lo sa, e vive tranquillo. Secondo stampa e tv occidentali, tutta l’opinione pubblica europea e americana ama alla follia Zaleski, ma l’atteggiamento genuinamente costatabile è di indifferenza. Conclusione: è una non-guerra nella quale non vince e non perde nessuno; e può durare ad libitum.

 Nel frattempo, per non farci mancare niente, divampa l’ennesima fase di un’altra non-guerra, quella araboisraeliana, che lo Stato d’Israele tenta di far passare come un’operazione di polizia contro i terroristi; mentre Hamas utilizza le tecniche della guerriglia, che sono esattamente quelle del terrorismo. La faccenda dura, nei tempi moderni, dal 1917; però l’Occidente ufficiale cade da un pero gigantesco, e spaccia la cosa come se il tutto fosse iniziato il 7 ottobre 2023 invece di 127 anni fa; e come se quanto sta accadendo a Gaza non fosse almeno la millesima volta che si spara; e in confini che non esistono su nessun trattato. A parte me, non lo dice quasi nessuno, a scanso di beccarsi un’accusa di antisemitismo; però se la gente si esprimesse per mezzo minuto senza condizionamenti, i simpatizzanti dello Stato d’Israele sarebbero pochissimi; mentre è altrettanto difficile presentare Hamas come un’associazione di povere vittime dall’animo pacioso.

 Chi fa qualcosa per porre fine a queste non-guerre? Non L’ONU, che appena apre bocca gliela chiudono gli USA con un veto; non l’Europa, che in politica estera conta quanto il due di coppe con briscola a spade; non gli Stati arabi, che non hanno alcuna amorevolezza per i Palestinesi; non l’opinione pubblica, che non la pensa come tv e giornali, però se uno scrive quello che sente viene “bannato” per qualche anno… eccetera.

Ulderico Nisticò