Elezioni proporzionali, scarso Meridione e quasi niente Calabria


 Il poi mancato duello tv Giorgia Elly era, per la forma, palesemente illegale; nei fatti, era la prova evidente che le elezioni europee sono in realtà un sondaggio interno all’Italia (e credo sia lo stesso altrove), e che del parlamento europeo non importa niente a nessuno: tanto, non conta; anzi, più ne spara di grosse e di apocalittiche, meno lo prendono sul serio.

 Premessa necessaria per capire. Si vota con sistema proporzionale, come ai vecchi tristi tempi della Prima repubblica: perciò contano i voti dei partiti, e di conseguenza i quozienti; e solo dopo i candidati. Se il partito Acqua e Sapone piglia tre quozienti, poi, all’interno della lista, si vede chi, in ordine di tre, ha preso più preferenze. E non basta: se un candidato forte è presente in tutte le circoscrizioni, dovrà optare per una, con grande gioia dei primi del non eletti, che diventeranno eletti.

 Come si comprende, un tale sistema favorisce le cordate; infatti, nel partito Acqua e Sapone ci sono candidati noti in tutto il territorio assieme ad altri diciamo, educatamente, poco noti per non dire ignoti, e che quindi saranno votati a traino del più noto. Mi fermo qui, ribadendo che il proporzionale è un perfetto esempio di summum ius summa iniuria, cioè pare democraticissimo, ma è padre e madre di ogni corruzione e di poverissima qualità degli eletti. E, infatti, offro un caffè a chi mi sa fare un nome di parlamentare europeo uscente, e tanto meno chi ne ricordi le imprese.

 Per via del proporzionale, ogni partito sta facendo campagna interna, sia nel senso di conquistare voti per il singolo partito, sia per le singole o accoppiate preferenze. È inevitabile, e, nel proporzionale, non mi scandalizzo più di tanto. Io conto un voto, 01; e ancora l’8 giugno è lontano.

 Certo che mi piacerebbe sentir parlare del Meridione, terra che, stando alle statistiche, è in via di spopolamento; e della Calabria, che è già spopolata. È un piacere che mi procuro da solo, visto che io ne parlo e quasi nessun altro.

 Ne parlo io, evitando invenzioni di glorie e ricchezze che mai furono e mai saranno; e utopie ideologiche e poetiche atte a distrarre i delusi e inutili a indirizzare delle serie politiche; e non inseguo nostalgie di mondi bucolici che tanto bucolici non erano nemmeno in versi: leggete le Bucoliche I e IX di Virgilio, e vi passano le fantasie; e se mi capita di parlare di Magna Grecia, ne conosco filosofi e poeti e olimpionici, ma anche come i Magnogreci fossero bravissimi a scannarsi tra loro (Crotone non riuscì con Locri e buscò scoppole, e distrusse Sibari) finché non arrivò il castigamatti del mondo, l’esercito romano, a imporre la pace. Non è colpa mia, se so la storia; se mai, la colpa è di chi non la sa, e non fa nulla per colmare la lacuna.

 Tornando all’Europa, il punto non è che ci mandi soldi, è che l’Europa e lo Stato controllino se il Meridione e la Calabria li spendano, e bene. Ci vuole dunque una classe dirigente – politica e amministrativa – capace e autorevole, e non di quelli che dicono “sì sì” a tutti e pensano, clamorosamente sbagliando, di cavarsela con un sorriso; e urge una cultura senza sogni futuri e passati, e senza piagnistei, e con i piedi saldamente per terra.

 Ci vorrebbe qualcosa di più consistente delle attuali Regioni meridionali, e mettere assieme una Regione unica che chiamo Ausonia (ma se no, chiamatela come capita), con Molise Puglia Campania Basilicata Calabria: dodici milioni di abitanti; per capirci, pochissimo più della sola Lombardia, ma certo molto di più degli scarsi e vecchi Calabresi.

 A oggi, 19 maggio, non sto sentendo niente del genere; anzi niente di convincente a proposito di Meridione.

Ulderico Nisticò