Lettera aperta al Presidente Occhiuto
Gentile Presidente Occhiuto,
Massimo Troisi, in una sua celebre apparizione televisiva, ha scherzato su Giulio Andreotti la cui somma ingenuità, nei tanti anni di gestione di quel potere che logora chi non ce l’ha, non gli aveva fatto percepire le stragi, la mafia e le incontrastabili operazioni dei servizi segreti statunitensi. Invece noi non abbiamo intenzione di fare battute sulla tragedia epocale in corso e peraltro la riteniamo tutt’altro che sprovveduto, le attribuiamo dunque una piena consapevolezza della condanna a morte emessa dai movimenti finanziari internazionali e da forze economiche senza scrupoli nei confronti dell’ambiente vitale dei calabresi.
Il 21 marzo si è celebrata la giornata mondiale delle foreste e i mezzi d’informazione ci hanno ricordato che negli ultimi trenta anni il nostro folle modo di stare sulla Terra ha distrutto una superficie boschiva più grande della Francia, e se vogliamo evitare ulteriori dolori e pericoli ai nostri figli da ora in poi dovremo procedere in maniera opposta. A questo proposito, entrando nel vivo della questione che intendiamo ancora una volta sollevare, le chiediamo se è a conoscenza di quanto abbia contribuito la Calabria alla deforestazione planetaria per fare spazio alle pale eoliche: il suo sguardo si è mai posato per esempio sul desolante territorio di San Sostene, comune delle Serre catanzaresi? Fino a non molto tempo fa era ricchissimo di faggete vetuste e meravigliose, immolate poi sull’altare di una produzione energetica che riempie le tasche di pochi incrementando paradossalmente il dissesto idrogeologico e la crisi ecologica (gli alberi e il suolo naturale assorbono co2: non va bene denudare la chiesa per vestire la sacrestia).
Lei, informato e responsabile, saprà senz’altro che l’Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ci raccomanda ogni anno di scongiurare i danni ecosistemici ed economici connessi allo sfrenato consumo di suolo, e ci spiega pure che abbiamo a disposizione in Italia 9000 chilometri quadrati di superfici già compromesse, un’immensa area grande quanto l’Umbria occupata da capannoni industriali dismessi, cave, miniere, infrastrutture e colate varie di cemento non più utilizzate.
Dice inoltre l’ISPRA, le cui ricerche scientifiche sono pagate dal contribuente e avrebbero lo scopo di dare indicazioni in materia ambientale a tutte le amministrazioni pubbliche compresa la Regione Calabria, che se costruissimo impianti fotovoltaici minimizzando gli impatti sul suolo potremmo superare ampiamente gli ottanta GigaWatt di produzione energetica da fonti rinnovabili, cioè il nostro obiettivo al 2030.
Se ci fosse, aggiungiamo noi, in funzione anche della conservazione dei suoli agricoli, un complesso di politiche pubbliche orientate a bonificare capannoni e altre strutture sormontate da tetti di eternit, o i tanti terreni ufficialmente contaminati, per ospitare pannelli fotovoltaici, la conversione energetica procederebbe con la dovuta urgenza e in sintonia con i principi costituzionali del rinnovato articolo 9.
In Calabria, come accade in altre regioni, il malessere e la preoccupazione crescono: un’ampia porzione dell’opinione pubblica e della popolazione impegnata in attività produttive legate alle risorse locali si sta mobilitando e sta esprimendo la volontà di fermare il degrado del territorio; da questo fermento è nato a novembre un coordinamento regionale delle associazioni – denominato “ Controvento “ – del quale anche noi facciamo parte.
Lei, insieme a chi la affianca nel suo ruolo istituzionale, riceverà nelle prossime settimane il testo di un appello, già sottoscritto da migliaia di persone di ogni appartenenza politica e sociale (raggiunte e informate dai componenti del coordinamento in occasione di pubbliche iniziative), che le chiede di difendere, in nome e per conto del popolo calabrese, la fertilità e la disponibilità della terra per gli usi agricoli, la salubrità dell’aria e delle acque, gli assetti idrogeologici, la qualità e la consistenza dei boschi e della biodiversità, la fisionomia storica del paesaggio.
L’appello le chiede anche di spendersi per una pianificazione energetica compatibile con una decente pianificazione territoriale, in modo che mai più possa essere messa una necessità primaria contro un’altra necessità primaria. In sostanza “il prioritario interesse nazionale” che sta imponendo tanti devastanti impianti per la produzione di energia rinnovabile non può che essere discusso e ridefinito da percorsi democratici, non è accettabile il progetto coloniale del Mezzogiorno “hub energetico”, zona di sacrificio, terra di servizio per sostenere, piuttosto che una reale transizione ecologica indifferibile per l’umanità, l’avidità di chi dietro il paravento dell’energia pulita riesce a concludere affari sporchi, saldandosi agli interessi legati nella nostra regione al movimento terra e al taglio dei boschi, incappati più volte nell’attenzione e nelle condanne della magistratura.
Lei in siffatto scenario come intende regolarsi? Vuole partecipare insieme alla comunità politica regionale ad una azione popolare volta a difendere i diritti collettivi sul territorio di appartenenza, quelli che garantiscono “il pieno sviluppo della persona umana”, oppure ritiene più confacente alla sua dignità e alla sua etica sottomettere l’attività di una istituzione democratica come la Regione Calabria ai poteri non democratici di banche e multinazionali? Noi chiediamo la diffusione capillare di comunità energetiche e una ripartizione nazionale delle aree idonee ad ospitare impianti retta dal criterio individuante dei suoli compromessi in precedenza; le mosse e gli annunci del suo assessore Molinaro non affrontano la questione: le aree non idonee, in Calabria e altrove, sono tutti i suoli naturali liberi dal cemento, fornitori di servizi ecosistemici che non possiamo permetterci di gettare al vento.
Finché la materia non sarà normata togliendo dal Piano regionale integrato energia e clima la possibilità di ampliare gli impianti esistenti le valutazioni in corso sui progetti presentati in questi ultimi mesi devono essere sospese.
Una legislazione statale contra cives e contro il diritto naturale avrà pure il crisma della legalità ma è illegittima, e il fiume carsico della resistenza alle derive autoritarie sta per rompere gli argini perché ormai la misura è colma. Speriamo segua questa corrente vitale e civile e intenda farsi portavoce del nostro disagio in ogni ambito possibile; altrimenti, dando noi per scontata la sua buonafede, saremo costretti a pensare che anche lei è ingenuo. Come il suo illustre collega Andreotti.
Movimento Terra e Libertà – Calabria; Avamposto agricolo autonomo- Santa Caterina dello Jonio (CZ); Associazione Il Brigante – Serra San Bruno(VV); Fattoria sociale Terre di Vasìa- Serrata (RC); Laboratorio territoriale di San Lorenzo e Condofuri (RC); Gruppo Archeologico Valle dell’Amendolea (RC)