Foibe, Venezia Giulia, Istria, Dalmazia


Migliaia di morti italiani, molti gettati vivi nelle foibe (“foveae”, cavità carsiche), italianità annientata: questa è l’orrenda vicenda dei confini orientali tra il 1943 e il ’47. Onore ai nostri Caduti. Ma perché la cosa non si riduca ad annuale e sbrigativa retorica, bisogna conoscerne le cause.

1. Da secoli e fino al 1797, appartenevano a Venezia l’Istria e la Dalmazia; Ragusa era una repubblica indipendente; ma Gorizia e Trieste erano legate agli Asburgo; Fiume, al Regno d’Ungheria, ancora solo nominale, e a sua volta asburgico.
2. Saltando vari passaggi di dominio francese, troviamo nel 1815 un Regno Lombardo Veneto di fatto austriaco; e così Istria, Fiume e Dalmazia.

3. La prima occasione persa fu la Seconda guerra d’indipendenza (estate 1859), interrotta dai timori di Napoleone III; perciò, rimasero all’Austria il Veneto, l’Istria, Fiume e la Dalmazia.
4. La seconda occasione persa, la Terza guerra d’ind. (1866), in cui l’Italia, nettamente superiore per esercito e flotta, riuscì, per incapacità di comandi, a farsi battere dall’Austria; e con giravolte poco onorevoli si dovette contentare del Veneto.

5. Dopo rischio di dissoluzione e di guerra, nasceva il capolavoro politico dell’Impero d’Austria e Regno d’Ungheria in unione personale. Molto diverso – state attenti – l’atteggiamento di Budapest e di Vienna nei confronti degli Slavi, che l’Austria favorì in funzione antitaliana, e anche antiungherese. Le piccole città dalmate persero in breve il loro netto carattere italiano.
6. Sotto la spinta dell’interventismo nazionalistico, l’Italia decise, nel 1915, di entrare in guerra contro l’Austria. Ma il Patto di Londra fu un atto di patetica dissennatezza politica: l’Italia, infatti, s’impegnava… a ridurre le sue conquiste, anzi a ottenerle come un favore francobritannico. Ed era una guerra mondiale, in cui, vincendo, l’Italia poteva prendersi qualunque cosa; e, perdendo, metteva a rischio la stessa unità. Attenti, non scherzo: la moglie dell’erede ai troni asburgici era una Borbone Parma; ed era ancora attiva Maria Sofia; una vittoria asburgica, e si tornava al 1859.

7. Come fu, nel 1918 l’Italia prese, con Trento e Bolzano, la Venezia Giulia, Trieste, Istria, Dalmazia; ma non Fiume, che d’Annunzio occupò in modo insurrezionale, dimostrando così l’inettitudine dei governicchi italiani liberali e del parlamento e dei suoi partiti.
8. Giolitti trovò una toppa, cedendo la Dalmazia tranne Zara, e tollerando una buffa Città libera di Fiume; che, con ben altro governo!, diverrà italiana nel 1924. Attenti alle date.

9. Nel 1941, di fronte a fondati sospetti di passaggio a G. Bretagna del governo di Belgrado, Germania e Italia attaccarono la Iugoslavia. L’Italia si annesse Lubiana e parte della Dalmazia; allargò i confini dell’Albania già italiana; e occupò Montenegro e Croazia.
10. Si scatenò una guerra di tutti contro tutti: fascisti (ustascia) croati, monarchici (cetnici) serbi, musulmani bosniaci, e comunisti di Tito; e truppe tedesche e italiane. Se qualcuno si turba per gli atti di violenza compiuti da tutti, nessuno escluso, dal 1941 al 45, si ricordi quanto avvenne sotto i nostri occhi, e in diretta tv, dal 1991.

11. Dopo l’8 settembre 1943, gli Italiani rimasero senza protezione militare; e gli slavi, soprattutto ma non solo i comunisti titini, iniziarono l’orribile pulizia etnica.
12. Nel 1947, l’Italia, governo De Gasperi, venne convocata a firmare, senza facoltà di discutere in quanto “nazione sconfitta”, il trattato di pace, cedendo Venezia Giulia, Istria, Fiume, Zara alla Iugoslavia.

13. Trieste fu ridotta a “territorio libero”, in realtà la città occupata da truppe britanniche. Queste non esitarono a far fuoco contro i patrioti italiani: e qui rendo onore, tra gli altri, al catanzarese Francesco Paglia, Caduto per Trieste.
14. Vittorio Emanuele Orlando, e l’altalenante Benedetto Croce, avevano proposto di non firmare ma solo subire il trattato; appello che scivolò su quella che Orlando chiamò “libidine di servilismo” verso lo straniero; e che sarebbe tornato utile in caso di sfascio della Iugoslavia.

15. Trieste tornerà italiana nel 1954. Diversa fu la sorte della Zona B, rimasta iugoslava, e oggi slovena.
16. Dalle terre adriatiche esularono a centinaia di migliaia, quelli che sfuggirono alla morte. Quasi ignorati dalla cattiva coscienza dei politicanti italiani, conservarono la memoria della loro origine giuliano-dalmata, senza mai dimenticarla. ricordiamo: gli sportivi Loi, Benvenuti e Pamich, lo stilista Missoni, gli artisti Lelio Luttazzi e Alida Valli, il giornalista Nutrizio, il Comune di Zara in esilio…

17. E ora? Intanto, salviamo seriamente la memoria storica, a cominciare dai nomi delle località: Pola, e non Pula; Fiume, e non Rijeka; Zara, e non Zadar; Ragusa, e non Dubrovnik…
18. E cerchiamo di condurre una politica intelligente verso Croazia e Slovenia, e con quei popoli; come già si fa con Albania e Montenegro.

Ulderico Nisticò