Genocidio di Gaza


 Sapete bene, o miei lettori, che io peso le parole, e certo non do retta agli inventori di genocidi che mai furono. La parola è mista del greco γένος, stirpe o popolo, e del latino caedo, fare a pezzi o annientare. Il solo caso accertato è lo sterminio effettivo di Tutsi (Watutsi) e Hutu del Ruanda nel 1994. Pulizie etniche avvennero non nel cuore dell’Africa, ma dell’Europa: subito dopo il 1945, nove milioni di Tedeschi dall’Est; e dopo il 1991, nella dissolta Iugoslavia. Né certo scordiamo i 700.000 italiani profughi di Zara, Fiume, Istria, Venezia Giulia.

 È un genocidio quello di Gaza, anche senza stare a contare i morti (un conteggio quasi sempre dubbio), perché vediamo, da quel poco che ci mostrano della Striscia le pudiche tv occidentali, la totale distruzione degli edifici, e delle già prima precarie strutture della vita civile. Non so se lo scopo dello Stato d’Israele è l’annientamento della Striscia, so che è avvenuto e continua. E che nulla potrà riportare in vita quanto c’era lo scorso 6 ottobre.

 Siccome io non devo candidarmi alle europee, vi ricordo che tutto è iniziato – senza vagare per i precedenti biblici – non all’improvviso nel 2023, ma nel 1947, 1956, 1967, 1974 eccetera, e che nessuno ha fatto mai niente di serio per una soluzione. Meno che meno, l’Europa. L’Onu, è un ente inutile dai profumatissimi stipendi.

 Ancora meno fanno gli USA, la cui linea è lasciare le briglie sciolte allo Stato d’Israele, qualunque cosa faccia; e pagare senza nemmeno usare i soldi come strumento di pressione. E invece la soluzione è ovvia: costringere i contendenti a smetterla. Come? Riflettendo che i carri armati non si fabbricano certo nei romantici e agricoli kibbutz nel nulla desertico; e i missili a Gaza… o quel poco e nulla che ne rimane.

Ulderico Nisticò