Il nome d’Italia e i dilettanti di storia



Stanno circolando notizie sull’origine del nome d’Italia, le quali sono in buona parte scoperte dell’acqua calda in quanto note da millenni; e dall’altra immmotivate contaminazioi con ideologie del tutto inventate. Facciamo chiarezza, ripubblicando un mio articolo di Soveratoweb, e segnalando le fonti storiche; e i cui contenuti si leggono in diversi miei libri. Eccolo.

Il nome d’Italia

L’origine del toponimo Italia nell’attuale Calabria Centrale è storiograficamente e filologicamente comprovata, senza alcun bisogno di ricorrere a vaghe ipotesi, congetture e illazioni.

Appare da più fonti che il nome d’Italia fosse di comune uso almeno nel V secolo a. C. Lo troviamo in Sofocle [Antigone, 1117], a proposito di Diòniso, detto “il dio che regna sull’Italia”; in Tucidide; e Temistocle, il vincitore di Salamina (480 aC), chiamò due figlie una Sibari e l’altra proprio Italia.
Così Tucidide [VI, 2]: “I Siculi dall’Italia (lì infatti abitavano) passarono in Sicilia per sfuggire agli Osci, come è logico e si racconta, su zattere, scegliendo la rotta come il vento spingeva, e forse navigando chi qua chi là. Ci sono però ancora in Italia dei Siculi, e la terra fu chiamata Italia per Italo, re dei Siculi, che portava questo nome”.

E Aristotele [Politica, 1329]: “Tramandano i racconti degli abitanti di lì che Italo fu re degli Enotri, e da lui, mutando il proprio nome, gli Enotri vennero chiamati Itali e prese il nome di Italia questa penisola dell’Europa, quella parte che si trova tra il Golfo Scilletino e quello Lametino; e questi distano fra loro il camino di mezza giornata. Narrano che Italo rese agricoltori gli Enotri che erano nomadi, e diede loro molte leggi, e istituì per primo le mense comuni”.

E Dionigi di Alicarnasso [Biblioteca, I, 35]: “L’Italia nel tempo fu chiamata così dal nome di un uomo potente, Italo. Dice Antioco di Siracusa che questi, assurto a virtù e saggezza, convinse alcuni degli abitanti con parole, altri li piegò con la violenza a sottomettergli tutto il territorio tra i golfi Napetino e Scilletino; e questo fu il primo a chiamarsi, da Italo, Italia. Quando ne fu padrone e aveva molte genti sotto il suo potere, si estese, e soggiogò molte città; ed era di stirpe enotria”.

Le notizie non sono del tutto concordi: il re eponimo dell’Italia era un siculo per Tucidide, un enotrio per Aristotele e Dionigi; e gli Enotri divennero Itali.
Enotri, stando alla più evidente etimologia, sarebbero il popolo della vite, del vino, in greco oinos, voinos. Pertanto gli Itali, perduta in greco la v iniziale, sono il popolo della vite. Si tratta di un nome con cui i Greci chiamarono, ma nella loro lingua, i popoli indigeni?

D’altro canto, Apollodoro [II, 5] scrive che italòs nella lingua dei “Tirreni”, intende genericamente italici, significa toro: sarebbero perciò il popolo dei Vituli. Gli fa eco Varrone [De agri cultura, II]: “Tra il bestiame ha massimo pregio il bovino, soprattutto in Italia, che si ritiene abbia avuto nome dai buoi. La Grecia antica, come scrive Timeo, chiamava i tori “italos”; e denominarono l’Italia dalla loro abbondanza e bellezza e generazione di vitelli. Altri scrissero, perché, dalla Sicilia, Ercole avesse inseguito un bellissimo toro, che era detto “italos”.
Ma affaccia anche l’ipotesi che il nome derivi da “vegitulus”, con riferimento alla vegetazione.
Strabone [V, 1] afferma: “Dopo la sommità delle Alpi è l’inizio dell’attuale Italia. Gli antichi chiamavano l’Enotria Italia, estesa dallo Stretto Siculo fino al Golfo di Taranto e a quello di Posidonia, poi prendendo vigore il nome giunse fino alla vetta delle Alpi. Comprese anche le parti della Liguria fino al fiume Varo e al mare circostante dai confini della Etruria e dell’Istria fino a Pola.

Si potrebbe congetturare che quelli per primi chiamati Itali, prosperando, dessero tale nome ai vicini, e prendesse consuetudine fino al dominio dei Romani. Più tardi, da quando i Romani concessero la cittadinanza agli Italici, e parve opportuno assegnare tale dignità anche ai Galli Cisalpini e ai Veneti, e chiamare tutti Italici (Ἰταλιώτας) e Romani, e mandare molte colonie, alcune dopo altre prima, e non è facile dire quale sia migliore”.
Riferisce la tradizione Solino [II, 19].
Isidoro [Etimologie, 84] aggiunge che Italo, Sabino e Sicano furono fratelli, ed eponimi dei loro tre popoli.
Come che fosse, gli Itali costituirono un loro Stato tra i due golfi, di cui “in nessun altro luogo l’Italia è più stretta”, come osserva Plinio il Vecchio. Italo, loro re, o nome in cui si racchiudono re e governi di secoli, sottomise o con le armi o con la politica il territorio, e lo organizzò nei sissizi, le mense comuni.

Dei sissizi greci, soprattutto spartani, scrivono Senofonte [Costituzione degli Spartani.] e Plutarco [Vita di Licurgo], dandone un’interpretazione religiosa, militare e di coesione sociale, e di espediente per evitare egoismi e arricchimenti, e la tentazione del lusso. Mangiare assieme significa sentirsi pari, uniti anche nelle funzioni elementari. Pari, non uguali, che è tutt’altra cosa, a parte l’essere impossibile se non a zero.
Il nome di Italia fece sì che i Greci stanziati nell’attuale Calabria si definissero Italioti. Così li chiama Diodoro, in contrapposizione di Sicelioti, i Greci di Sicilia.

La denominazione si estese a tutti i Greci del Meridione, e il territorio si disse Italia (Ἰταλία).
Italici vennero detti i popoli sabellici nemici e poi alleati di Roma; e, quando si ribellarono (91 a.C.), scelsero per loro capitale Corfinio e la chiamarono Italica, e coniarono una bella e inquietante moneta con l’effigie del toro che schiaccia la lupa!
Ai tempi di Cesare, si riteneva Italia la Penisola dal Rubicone allo Stretto. Con Augusto divenne ufficialmente Italia anche la Valle Padana fino alle Alpi. E il nome è caro e usuale ai poeti latini [Virgilio, Eneide, I, 2: “Italiam venit”; Orazio, Odi, II, 7: “Italo caelo”]; e continuandosi nei secoli [Dante, Inf., I: “di quell’umile Italia fia salute”], e infiniti altri.

Ci porterebbe lontano dall’argomento l’incostante valenza politica del termine Italia da Pipino figlio di Carlo Magno a Napoleone I, e territorialmente mutevole, fino all’unità statale del 1861 e agli avvenimenti seguenti.
Per completezza, si fa cenno a etimologie recenti, e meramente ipotetiche, che fanno riferimento a un presunto termine greco “Aithalìa”, ardente, oppure occidentale; lo stesso significato, da un termine mediorientale “Attalu”.

Una rapida ma importante riflessione: la parola usata da Dionigi per indicare la politica militare di Italo è βία, la cui traduzione corretta è violenza. Ovvero, re Italo fece quello che tutti i conquistatori fanno: o convincere politicamente; o piegare con la massima energia; come canta Virgilio:
parcere subiectis et debellare superbos.

Da dove è uscito che il re Italo era pacifista e vegetariano?
Ultima considerazione: perché ognuno non fa l’arte sua, e tutti s’improvvisano storici e filosofi e scienziati? Ora ci manca solo un altro sbarco di Ulisse: ahahahah!

Ulderico Nisticò