La sua arte è una metafora della realtà, l’invito ad andare oltre a superficie. E la mostra dal titolo “Forme nel tempo” – inaugurata al Museo delle Arti di Catanzaro ieri pomeriggio – è un omaggio a quello che Rocco Guglielmo, direttore artistico del museo, definisce “il più grande artista calabrese vivente”: Cesare Berlingeri, che ha introdotto nel panorama delle arti visive la tecnica della tela sagomata, ravvolta in movimenti irrequieti, regalando il segno di un memorabile blu oltremare.
La mostra, che potrà essere visitata fino al 15 aprile, è curata da Maurizio Vanni ed organizzata dalla Fondazione Rocco Guglielmo e dall’Amministrazione Provinciale di Catanzaro, in collaborazione con l’Associazione Spirale d’idee e l’Archivio Cesare Berlingeri.
Alla conferenza stampa nella sala panoramica del Museo, che ha preceduto il taglio del nastro, hanno partecipato, oltre all’artista, al curatore della mostra e al direttore artistico del Marca, il direttore del Palazzo Reale di Milano e componente del comitato scientifico del Marca, Domenico Piraina; Massimo Ferrarotti, e Marco Polimeni, presidente del Consiglio comunale di Catanzaro, in rappresentanza anche del sindaco e presidente della Provincia di Catanzaro, Sergio Abramo. Presente anche il dirigente provinciale del settore Gestione amministrativa del Patrimonio e funzioni residuali, Gregorio De Vinci.
Il percorso espositivo, che coinvolge i tre piani del museo calabrese, si apre con alcune delle sue installazioni più significative, quindi prosegue con un dialogo tra le opere storiche della collezione del MARCA e quelle prodotte per questo appuntamento da Berlingeri, in tutto 50 opere.
La retrospettiva propone inoltre un ampio confronto tra le opere recenti e i lavori storici di Berlingeri, come quelli caratterizzate dal colore blu oltremare degli anni ottanta, che hanno contraddistinto il suo cammino artistico internazionale e che sono stati esposti, tra gli altri, in alcuni dei musei più importanti del Brasile come al MAM – Museo di Arte Moderna di Salvador de Bahia e di Rio de Janeiro, e al MAC – Museo di Arte Contemporanea di Goiânia.
La Personale di Berlingeri rappresenta “un esperimento”, spiega il direttore artistico Guglielmo che invade tutto il museo. “E’ la prima mostra di questo genere che viene fatta al MARCA – ricorda il direttore artistico Rocco Guglielmo –. Le opere sono posizionate sia nel primo piano, destinato tradizionalmente alle mostre temporanee, sia nel piano inferiore dove abbiamo scelto una mostra di tipo installativo. E in più abbiamo fatto una contaminazione nella parte della permanente, sulla falsa riga di una mostra che Cesare aveva fatto a Palazzo Arnone Cosenza”. Il Museo Marca, quindi, sempre più casa degli artisti calabresi in linea con la filosofia della direzione artistica targata Guglielmo, tant’è che la parte inferiore del museo – che era stata poco utilizzata – da tempo è destinata ad artisti che hanno un rapporto forte con il territorio, “non solo calabresi ma anche artisti che mantengono un rapporto con il territorio”, il cui passaggio al museo confluisce anche nell’opera editoriale finalizzata, denominata “Quaderni del MARCA” perché, come dice ancora Guglielmo: “Il museo pubblico è a disposizione perché ha una funzione non solo espositiva ma anche didattica e culturale”.
Secondo Domenico Piraina, Berlingeri cammina sulla stessa strada di altri artisti come Fontana, Castellani e Bonalumi: “Chi con i buchi e i tagli, chi con le estroflessioni, tutti hanno cercato di andare oltre la tela bidimensionale, cioè la tela dispiegata che rappresenta la superficie delle cose, per introdurre una nuova dimensione dentro la quale ognuno è chiamato a scoprire cosa vi è nascosto”.
Un’altra mostra di qualità, come evidenzia il presidente del consiglio comunale di Catanzaro Marco Polimeni, secondo il quale “il MARCA continua a dare lustro alla città e alla Regione”.
Di radici parla anche l’artista di Cittanova (presente anche il sindaco della città natia dell’artista) che si augura, prima di tutto, che il pubblico del MARCA possa emozionarsi, come è successo a lui creando questo percorso espositivo in una realtà museale che dice di aver visto nascere. “Il mio è un viaggio nel colore ma anche nell’interiorità, perché l’arte va oltre il visibile e oltre la semplice bellezza – dice Cesare Berlingeri – non dobbiamo temere nulla. In arte cambia sempre poco: cambiano le virgole quando si cambia molto si è fregati. Penso ad un artista come Giorgio Morandi che ha dipinto bottiglie tutta la vita, ma la sua era grande poesia, dipende sempre da come si dipinge, non quello che si dipinge. Questa mostra è totalizzante – spiega – nel seminterrato ci sono le installazioni, nella Pinacoteca un dialogo con i maestri del ‘700 e sopra la mostra d’arte contemporanea”. L’artista calabrese ha uno stretto rapporto con la sua terra, ha mantenuto lo studio nella sua città di origine e rimarca: “Sono stato un giramondo, da New York ad Anversa, da Parigi a Miami, torno sempre qui. L’aria che mi gira intorno quando creo è quella delle mie radici”.
“I lavori di Cesare Berlingeri – sottolinea il curatore Maurizio Vanni – hanno il potere di rimettere in discussione la realtà, lo spazio e il tempo e di ridefinire il tutto, individuando elementi di senso nuovi destinati a modificare teorie e pensieri codificati”. “Berlingeri – continua Maurizio Vanni – non lavora partendo dall’idea di qualcosa che è già successo, ma quasi come in un rito propiziatorio si proietta su ciò che deve ancora accadere. Ne scaturisce un’evoluzione artistica costante dove nulla è mai uguale a se stesso e anche se lo fosse la nostra intelligenza emotiva non lo riconoscerebbe a distanza di tempo perché essa stessa è trasformata. Tutto risponde a un’effimera matrice che si sintetizza in una o più azioni, piegature, avvolgimenti, istallazioni più cerebrali che fisiche, legate a forme che esaltano maggiormente la concezione ciclica del tempo che non lo spazio”.
Accompagna la mostra un volume pubblicato da Alberto Peruzzo Editore, con testi di Maurizio Vanni (Direttore del Lu.C.C.A. Museum), Domenico Piraina (Direttore di Palazzo Reale a Milano) e Teodolinda Coltellaro (critico d’arte).