La Calabria non è mai arrivata davvero al moderno, però è zeppa di movimenti e cultura antimoderni, e nostalgici di un passato palesemente inventato e spacciato per bello e pacifico e persino ricchissimo. Volete un impianto solare? Ma no: meglio una campagna abbandonata agli sterpi e ai cinghiali. Volete l’eolico? Non sia mai: meglio un bosco deserto e dimenticato anche dai proprietari, del resto emigrati. Volete industrie? Per carità: inquinano. Volete il ponte? Mai: a nuoto! Eccetera.
La soluzione degli antimoderni non è certo andare avanti, è tornare indietro. Indietro alla candela… come se le candele venissero raccolte sugli alberi e non le producesse qualcuno, con relativo inquinamento. Indietro a prima delle bonifiche degli anni 1930, con stormi di zanzare. Indietro a vivere nei borghi antichi: bene inteso, con il supermercato e la parabolica e l’antenna del cellulare… no, questa rigorosamente nel territorio del borgo vicino.
Posso continuare, ma spero di essere capito. In Calabria ci manca il moderno, cioè un sistema organizzato e integrato. Manca nella produzione, perché se un’azienda produce lac gallinaceum (Petronio Arbitro), magari lo fa in Calabria, però l’imballo lo deve prendere dal Giappone e il tappo dalla Danimarca. E invece il sistema produttivo funziona quando ci sono anche aziende che fanno i tappi e gli imballi… eccetera.
Ora vi faccio un esempio enorme. Tutti sanno (ahahahahahahahahahahahah: nel 2010 l’anniversario piombò nel solito calabro vuoto) che Luigi Giglio, nato a Cirò nel 1510, creò il calendario mondiale attuale, sancito da papa Gregorio XIII nel 1582. Quanto siamo intelligenti i Calabresi, vero? E mi pare di sentire cori di “il tempo è nato in Calabria”, con il sottinteso che, in compenso, ci devono dare soldi. E invece se la notizia non arrivava a Roma, le carte del Giglio sarebbero rimaste in qualche armadio di casa, e dopo un poco i nipoti le avrebbero gettate via dichiarando il tradizionale “chi i voi si cosi vecchi?” E oggi il mondo sarebbe ancora con il calendario di prima, con le sfasature tra ufficiale e reale. Insomma, l’idea ce la mise Giglio a Cirò, ma l’organizzazione la fece, in Vaticano, il papa. Come? Con chiacchiere? Altro che: con la Bolla Inter gravissimas, ovvero: questo è il calendario nuovo, e tutti zitti.
A che serve questa lezioncina di storia e di sociologia calabre? A chiarire come la penso a proposito della raccolta della plastica.
- Sono d’accordissimo, come è ovvio, con l’iniziativa, e mi complimento pure; e tanto che ho provato tre volte: invano, ma ho provato. E spero che la raccolta della plastica divenga un legittimo guadagno per chi ci lavora.
- Anche in questo caso, come in tutta la storia calabrese, è una questione di razionale organizzazione, e non di ideologica e poetica “sensibilizzazione”. Se io sono sensibile, ma la macchina non lo è, l’idea resta idea, cioè volatile pensiero e “poi vediamo”.
- I contenitori sono, attualmente, pochi, e, dei quattro, due sono a Soverato Superiore. Ne servono altri, e collocati dove la gente abita davvero e dove ci sono le attività commerciali.
- Se, per ragioni oggettive, non è possibile garantire il promesso “h 24”, che, alla lettera, vorrebbe dire anche di notte e il giorno di Natale, si dica che il servizio è attivo, per esempio, martedì sabato domenica, e dalle 08 alle 20. Meglio un limitato servizio certo e che funzioni, e non proclamazioni di ottimo: l’ottimo è sempre nemico del bene. L’utente deve sapere con certezza a che ora depositare la plastica, e non ricevere messaggi di rinvio e scuse.
- Se qualche scemo del villaggio, o teppistello, fa cattivo uso delle macchine e non rispetta le regole, ci sono le telecamere: e fiocchino le multe. Ne bastano un paio, e vedrete come filano! Ma se bisogna dire sì a tutti…
Mi pare di essere chiaro, senza nessunissimo sottinteso. E sto interpretando anche i mormorii di tanta gente, che non scrive e non parla in tv, però borbotta; qualcuno lo deve fare, in una Soverato dove non esiste ombra di opposizione, anzi nemmeno di critica: e una tale situazione è diseducante sia per i privati sia per i politici. Servono alla città, e non solo per la plastica, decisi provvedimenti di critica.
Ulderico Nisticò